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Descrizione
Nell'Appennino a sud-ovest di Bologna ha sede Bazzano, dominata dall'imponente Rocca dei Bentivoglio (o Matildea). Le origini della Rocca risalgono a data incerta, ma sicuramente anteriore al Mille (all’epoca quindi dell’incastellamento in Emilia Romagna). L’aspetto attuale del fortilizio risale però all’epoca rinascimentale, quando Giovanni II Bentivoglio lo trasformò in “delizia” signorile destinata alle vacanze in campagna. Alla metà del ‘400 infatti, quando le nuove tecniche di assedio e l’utilizzo delle armi da fuoco resero obsolete le strutture della Rocca, fu Giovanni II Bentivoglio a riceverla in dono.
Dell’antico nucleo oggi rimangono solo la torre sul lato sud e l’ala attigua. Al corpo trecentesco vennero aggiunte tre ali a creare un cortile interno e la facciata del castello venne ingentilita da affreschi ora non più conservati, mentre è ancora in più punti visibile la struttura muraria costituita da filari alternati di ciottoli e mattoni. Anche i merli a coda di rondine, posti al di sotto della copertura, costituirono un richiamo alla passata funzione di fortezza del palatium.
Di notevole interesse risulta invece quanto rimane delle pitture parietali delle sale, in buona parte restaurate: costituiscono un’importante testimonianza della temperie artistica e culturale bolognese di epoca bentivolesca, sopravvissuta alle distruzioni ad opera della furia popolare seguite alla cacciata dei Bentivoglio nel 1506. Nelle sale a piano terra si possono osservare alcuni stemmi a tempera, raffiguranti gli emblemi dei Bentivoglio (la sega rossa a sette denti) e della celebre dinastia milanese degli Sforza (l’onda bianca e azzurra e il drago con un uomo in bocca), che ricordano il matrimonio di Giovanni Bentivoglio con Ginevra Sforza. Le iniziali “Ms Zo” rinviano allo stesso Giovanni Bentivoglio (”Messer Zoane”). La Sala dei Giganti, la maggiore della Rocca, presenta una partitura architettonica di colonne, entro le quali sono inquadrati paesaggi (forse di Bazzano e di altre terre dei Bentivoglio) e grandi figure di armati con gli stemmi dipinti sugli scudi. Le figure armate testimoniano, in alcuni particolari, “ripensamenti” e correzioni dei soggetti che devono essere state effettuate nel giro di pochi anni (uno dei Giganti ha infatti tre gambe e tutti hanno due scudi, con insegne leggermente diverse, che comunque non dovevano essere visibili contemporaneamente). Sul lato sud della sala è presente (sovrapposto) un centauro meccanico di stile futurista, dei primi del ‘900, tracciato al carboncino.
L’adiacente Sala del Camino, come le altre sale decorate, ha invece una decorazione che crea un effetto “a tappezzeria” con i motivi che continuano anche a cavallo degli spigoli senza interruzione. In particolare presenta un motivo decorativo dell’arma bentivolesca inquartata con quella degli Sforza, racchiusa da una collana di perle entro una cornice quadrilobata a nastro. La stessa decorazione è ripresa nella successiva Sala del Pozzo Casini, dove però le pareti sono state quasi completamente ridipinte dai restauratori intervenuti nella Rocca negli anni '30 del nostro secolo, i quali hanno cercato di restituire l’originale policromia anche al soffitto ligneo.
Procedendo sul ballatoio esterno, si accede alle due ultime sale dipinte: la Sala dei Ghepardi e la Sala delle Ghirlande. La prima è decorata dal motivo a tappezzeria del ghepardo, entro una cornice di melograni, che regge un cartiglio con il motto “per amore tuto ben volgo soferire” (riferito alle millantate origini del capostipite dei Bentivoglio). La leggenda vuole infatti che fosse figlio illegittimo di Re Enzo, prigioniero a Bologna che, alla sua vista, proferì la frase "ben ti voglio". Nella Sala delle Ghirlande, le pareti presentano lo stemma dei Bentivoglio inquartato con quello primitivo degli Sforza, entro losanghe di rami di ginepro intrecciati. Ginevra era figlia di Alessandro Sforza signore di Pesaro, fratello di Francesco signore di Cotignola. A richiamare tale parentela è il leone rampante in oro su fondo blu, che regge tra le zampe un ramo di mele cotogne. In questa sala, sotto al coronamento a cornice delle pareti, le iniziali di Giovanni Bentivoglio si alternano a quelle “MA ZA” (Madonna Zinevra), ovvero dell’amata moglie Ginevra Sforza dalla quale Giovanni ebbe undici figli.
Oggi gli ambienti della Rocca ospitano il locale Centro Musica (ovvero la Mediateca Intercomunale) ed è sede della Fondazione Rocca dei Bentivoglio. Nella Cantina invece (ove sono visibili le antichissime fondazioni del castello) è allestito il Punto informativo dei prodotti della Strada dei Vini e dei Sapori “Città Castelli Ciliegi”. All'interno della Rocca, inoltre, trova spazio anche il Museo Civico “Arsenio Crespellani”. Quest'ultimo, nato nell'ultimo quarto del XIX secolo, è sede della Fondazione Rocca dei Bentivoglio e comprende una sezione preprotostorica con materiali dell'età del bronzo e del ferro delle necropoli bazzanesi, una sezione romana e altomedievale con raccolte di ceramiche e una sezione contemporanea contenente armi e divise risorgimentali.
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Prezzi ed orari
Come raggiungere
Per raggiungere la Rocca in auto, da Bologna è necessario imboccare la Strada Provinciale 569 (Bazzanese) in direzione Vignola-Maranello e percorrerla per circa 20 km fino a Bazzano;
da Modena, imboccare la Strada Statale 623 (Vignolese) in direzione Spilamberto e proseguire poi per la Strada Provinciale 569 (Bazzanese) fino a Bazzano.
Autostrade:
da Milano, dall'A1 uscita Modena Sud, imboccare la Strada Statale 623 (Vignolese) in direzione Spilamberto e proseguire per la SP 569 (Bazzanese) fino a Bazzano;
da Firenze: dall'A1 uscita Bologna-Casalecchio, imboccare la Strada Provinciale 569 (Bazzanese) fino a Bazzano.
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Storia
Le origini della Rocca di Bazzano, a dispetto della leggenda che la vuole costruita da Matilde di Canossa, sono incerte ma risalgono sicuramente a una data anteriore al Mille, quando in tutta l’area padana venivano eretti castella o castra in difesa dalle invasioni barbariche. Inizialmente, quando forse la Rocca non era ancora un castello, si configurava come un edificio probabilmente fortificato con strutture leggere (si pensa, ad esempio, a una semplice palizzata). Il "castrum di Bazzano" viene così menzionato per la prima volta nel 1038, quando il vescovo di Modena Guiberto lo concesse in enfiteusi - insieme alla curtis di Santo Stefano – al marchese Bonifacio di Canossa, padre della celebre Matilde, che lo ereditò a sua volta a soli 9 anni e che ebbe in possesso fino alla sua morte, nel 1115. Per questo il fortilizio è noto anche come Rocca Matildea.
Morta Matilde, che non lasciava eredi, il castello cadde sotto la podestà della città di Modena e nel 1180, quando Bazzano era già un comune rurale, i consoli modenesi si impegnarono a edificare due torri all’interno del castello. Passato nel 1204 con un lodo del Podestà di Bologna al contado bolognese, Bazzano divenne a quel punto oggetto di contrasto tra i due comuni. Le prime mura della fortezza vennero costruite nel 1218. Nel corso del Duecento la Rocca venne assediata dai Bolognesi per ben due volte: nel 1228 con risultato negativo e nel 1247, quando invece i Bolognesi riuscirono a espugnarla (pare per un tradimento) e diedero ordine di demolirla completamente facendo trasportare le pietre a Monteveglio, dove furono utilizzate per una casa torre destinata ai funzionari bolognesi di quel borgo.
La fortezza subì dunque una prima ricostruzione ad opera di Azzo VIII d’Este tra il 1296 e il 1311: al 1304 risale il termine dei lavori per le mura perimetrali e nel 1310, oltre alla torre – affacciata sul cortile – vennero edificati due casseri, uno dei quali è la Torre dell’Orologio tutt’oggi esistente. Dopo il 1371 i marchesi d’Este ampliarono inoltre le mura della Rocca (la porta d’ingresso di queste nuove mura è da identificarsi probabilmente con l’arco posto alcuni metri più in basso del cassero scendendo verso il paese. Durante la metà del ‘400, con l’avvento delle nuove tecniche di assedio e soprattutto dell’utilizzo delle armi da fuoco, le strutture della Rocca di Bazzano risultarono obsolete, e così la Matildea andò incontro a rapido decadimento.
Fu allora, nel 1473, che i Sedici Riformatori dello stato bolognese decisero di donare l’edificio a Giovanni II Bentivoglio, signore della città fino al 1507. È a lui che la Rocca deve la sua forma attuale. Con i Bentivoglio, l'edificio divenne per qualche tempo la residenza della famiglia: il 3 ottobre 1486 il figlio di Giovanni II, Anton Galeazzo, lasciò la sua firma al pianterreno, vicino alla torre in seguito "mozzata". E fu in questa torre che nel 1799, sotto il nome di Lorenzo Alighieri, venne tenuto prigioniero il poeta Ugo Foscolo.
Oggi il castello si presenta in buono stato grazie ad importanti opere di restauro che sono state effettuate. La Rocca divenne successivamente sede del Capitanato della Montagna (notevoli i documenti dell’Archivio dei Capitani e dei Vicari, conservati in Comune) e, nei secoli seguenti, ospitò nei suoi ambienti le più svariate funzioni: da carcere (come già detto, nel caso di Foscolo) a teatro (nella Sala dei Giganti), da caserma a scuola, fino addirittura ad abitazioni private (ancora fino agli anni ‘60).
Araldica
I Bentivoglio, che nella figura di Giovanni II ebbe l'artefice dell'attuale aspetto della Rocca, costituiscono la famiglia che vantava ascendenze da re Enzo di Sardegna e che dominò la vita politica di Bologna per tutto il XV secolo. In quel secolo, Bologna era soggetta alla sovranità papale ma nello stesso tempo il possesso della città era un obiettivo primario della famiglia Visconti di Milano; quando si instaurò un equilibro tra i vari stati italiani, si crearono le condizioni per favorire l'affermazione stabile e duratura dei Bentivoglio. E quando, nel 1461, l'eredità politica della famiglia passò al giovanissimo Giovanni II Bentivoglio, essi riuscirono a creare di fatto una signoria semi-indipendente sulla città anche se il sovrano di diritto era sempre il Papa.
La signoria di Giovanni II durò 46 anni: furono anni di generale equilibrio tra gli stati italiani e lui riuscì a stabilire buone relazioni con gli Sforza di Milano (sposando Ginevra) che erano subentrati ai Visconti. La città di Bologna, ancora legata ad una tradizione gotica, si aprì sotto il suo governo al Rinascimento non solo nell'arte ma anche sotto ogni altro aspetto culturale e sociale. Giovanni II Bentivoglio, sotto l'influenza di Ginevra, commise però parecchi errori nell'ultimo scorcio della sua signoria, attuando una politica tirannica all'interno e ambigua nei confronti degli altri Stati; i figli, inoltre, con la loro condotta dissoluta, prepotente e provocatoria, contribuirono ad aumentare l'ostilità dei cittadini verso l'intera famiglia.
L'episodio che provocò definitivamente l'inimicizia dei nobili bolognesi nei confronti della casata fu la famigerata strage della famiglia Marescotti, ordinata da Giovanni II il quale temeva che Agamennone, loro prestigioso capo, intendesse soppiantarlo nel governo di Bologna. Nell'eccidio perirono ben 240 persone e fino a quando la carneficina non fu compiuta si tennero chiuse le porte della città. A causa di questi fatti, quando papa Giulio II si attestò con le sue truppe e gli spagnoli nel Frignano in attesa di occupare la città, nel 1506, i bolognesi aprirono le porte della città e Giovanni II, insieme alla moglie e ai figli, dovette cercare scampo nella fuga.
Indirizzo: Via Contessa Matilde,10
Facilities
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