Castello Di Augusta

Castello Sicilia, Siracusa - Augusta

Epoca
XIII Secolo
Visitabile
NO
Proprietà
Demanio

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Descrizione

Il Castello di Augusta sorge sul punto più alto della piccola penisola (poi, con il taglio dell'istmo, trasformata in isola detta di 'Terra Vecchia') su cui si sviluppò la città di Augusta, in prossimità dello stretto istmo che la congiungeva alla Sicilia cui oggi il centro storico è collegato da due ponti. La posizione domina la città, l'accesso ad essa da parte di terra ed ancora i due porti (Xiphonio e Megarese) di cui è dotata Augusta.

Il castello ha pianta quadrata (leggero allungamento su uno dei lati) con corte centrale, tre ali edilizie, torri angolari all'incirca quadrate (quella di nord-est è scomparsa o non è mai stata costruita); due torri rettangolari mediane sui lati est ed ovest; torre mediana pentagonale sul lato sud (in origine, in base alle ultime ricerche, si trattava di un mastio ottagonale); opere bastionate avanzate.

L'aspetto originario del castello di Augusta, circondato e protetto dalle imponenti opere bastionate di XVI e XVII secolo, appare fortemente alterato dalle numerose e profonde trasformazioni e modifiche subite all'esterno ed all'interno dal complesso nel corso dei secoli, fino alla recente utilizzazione carceraria cui si deve la sovraelevazione e la copertura complessiva delle ali edilizie con grandi spioventi di tegole.

Il nucleo svevo del castello è costituito da un quadrato murario di 62 metri di lato (spessore delle murature 2,60 metri) con un vasto cortile interno lungo il quale si disponevano tré ali edilizie parallele alle mura perimetrali per tutta la loro lunghezza sui lati nord, est ed ovest.

Tre torri angolari a pianta prossima al quadrato si ergono a nord-ovest, sud-ovest e sud-est: la torre di sud-ovest è stata inglobata e chiusa dalle modifiche dovute alla utilizzazione carceraria del complesso; quella di nord-est, in origine senza dubbio esistente (Alberti 1997, p. 38), è andata distrutta. Due torri di cortina rettangolari aggettano a metà dei lati ovest ed est. A metà del lato sud, a difesa dell'ingresso al castello, si erge un torrione attualmente a pianta pentagonale (lato centrale 5,70 metri; lati minori 4,60 metri; lati mediani 5 metri; larghezza complessiva 12,30 metri): si imposta su base a scarpa (fortemente interrata) e presenta un bellissimo paramento bugnato.

Secondo le ultime ricerche (Alberti 1997, p. 39) il torrione era in origine un mastio ottagonale costruito quindi a cavallo del muro di cinta sul lato meridionale del castello; la sua attuale altezza è quasi certamente di molto inferiore a quella originaria e si deve, probabilmente, ad un intervento di cimatura cinquecentesco. La costruzione del torrione è invece senza dubbio coeva a quella del castello. Un'altra torre mediana, rettangolare, doveva ergersi sulla cortina settentrionale, in corrispondenza del torrione poligonale (Alberti 1997, p. 48).

Dall'ingresso, che si apre a ovest del torrione, si accede all'ampio cortile intemo di perimetro rettangolare (26 metri a nord e sud, 32 metri a ovest ed est), fiancheggiato lungo i lati est, nord e ovest da un portico a arcature ogivali, pilastri e volte a crociera costolonate. Il portico era aperto fino alla metà del '600; attualmente risulta completamente libera solo la nave del lato ovest che presenta nove campate scompartite da archi acuti e caratterizzate da costoloni ad angolo abbattuto: archi e costoloni scaricano sulle mura perimetrali a mezzo di capitelli a goccia con abaco a profilo di semiottagono. La data di costruzione di questo portico non è del tutto certa: potrebbe essere coevo all'impianto originario ma anche, come ha ipotizzato L. Dufour (1989, p. 30), successivo di qualche decennio, risalendo quindi ad età angioina o al '300.

Sopra il portico incombono attualmente i piani delle celle che risalgono all'adattamento a penitenziario del 1890 e le coperture a spiovente, di recente restaurate. E' però estremamente probabile, per non dire certo, che un piano superiore fosse previsto fin dal progetto originario. Dufour ipotizza che esso esistesse almeno fin dal XIV secolo, quando è attestata l'utilizzazione residenziale del castello (soggiorno coatto della regina Maria). Giuseppe Agnello (1935, p. 187) aveva ipotizzato l'esistenza di un piano superiore medievale ed il suo abbattimento in epoca spagnola, per adeguare il castello alle nuove esigenze dettate dall'uso delle artiglierie.

Nell'ala edilizia occidentale, al piano terreno, si può in parte ammirare la configurazione interna originaria dell'edificio svevo: si tratta di una lunga navata, suddivisa in sette crociere a base quadrata di 7,40 metri di lato, compartite da grossi archi ogivali alla cui imposta è una cornice bianca a profilo di semiottangolo da cui si dipartono anche i robusti costoloni ad angoli abbattuti delle volte.

L'edificio, fortemente modificato nel passato, è stato ulteriormente manomesso per l'utilizzazione carceraria. Le strutture principali del castrum svevo permangono però quasi integre, pur fra le modifiche e superfetazioni; sopravvivono inoltre, pur se danneggiate e mutile, gran parte delle strutture di fortificazione successive.

I locali accessibili del complesso, in consegna alla Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di Siracusa che ha già realizzato alcuni lavori di restauro, sono occasionalmente visitabili e utilizzati per conferenze e manifestazioni culturali. Il rivellino è attualmente occupato dal Commissariato della Polizia di Stato.

E' comunque incredibile come il castello sia pressocchè sempre chiuso al pubblico, sfavorendo la già gravemente penalizzata (causa gli stabilmenti petrolchimici che hanno devastato la costa e che inquinano giornalmente l'ambiente) fruizione turisitca di Augusta e di tutta la zona.

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Prezzi ed orari

Come raggiungere

Autostrada Catania-Siracusa, uscita Augusta, seguire le indicazione per il centro storico, situato sull'isoletta. Il Castello Svevo si trova sulla punta a nord.

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Storia

 

Una leggenda vorrebbe l'Imperatore Federico II di Svevia approdato sulla pianura, ancora vergine, di Augusta a seguito di una tempesta e, affascinato dal luogo incontaminato e dalla posizione strategicamente vincente della penisola, decise di fondarvi una città. Per quanto l'aneddoto possa non presentare effettiva validità storica è indubbio che il sito su cui sorsero la città ed il superbo castello di Augusta fu accuratamente ponderato dallo Staufen, in virtù della posizione vantaggiosa sul mare e come nodo di collegamento tra i centri di Catania e Siracusa.


L'Agnello ci informa della teoria, avanzata da alcuni studiosi, di una prima fondazione di un nucleo abitato in epoca imperiale ad opera di Ottaviano Augusto, favorevole verso la piccola comunità della città, che prese poi il suo nome, per aver sostenuto il principem nella guerra contro Sesto Pompeo, e subendo la città l'ira di quest'ultimo. E' tuttavia ormai condivisa l'attribuzione esclusiva a Federico II di Svevia della paternità del nucleo di Augusta, la cui fondazione non va ascritta oltre il lasso di tempo del che va dal 1232 al 1249. Altre comunità abitate saranno probabilmente esistite prima dell'iniziativa federiciana ma nell'entroterra, vicino alle rovine dell'antica Megara.

Le vicende del castello federiciano vanno di pari passo con la fondazione e l'espansione della città, che nel 1231 si vede affidati ampi territori, come testimoniato da un diploma melfitano dell'Imperatore.
Nel 1239 Augusta è dotata di un ampio porto commercialmente attivo, dal momento che viene creato custode di quest'ultimo tale Angelo Frisar, con l'incarico di nominare il notaio per i contratti commerciali, il cui nome dovrà esser notificato all'Imperatore. I carteggi con il Frisar sono notevoli e continui in virtù della preoccupazione di Federico per i granai imperiali dato che Augusta, insieme a Milazzo, sono le uniche città autorizzate ad esportare merci oltre i confini del Regno. 

Il 1232 sembra essere a buon diritto l'ipotetica data in cui si può ragionevolmente collocare, con le debite riserve, la fondazione del Castello. Proprio nello stesso anno in una lettera napoletana, datata 24 ottobre, Federico ordina il pagamento di alcune somme per tale Ruggero de Pattis, che le aveva a sua volta anticipate a due personaggi legati a Federico e che appaiono come governatori delle fabbriche imperiali di Augusta. Per quanto siano attestate fabbriche imperiali di vario genere negli anni immediatamente seguenti il '32, è indubbio che la fabbrica di maggior peso sarà senz'altro stata quella del castello svevo, ormai in costruzione. La teoria è maggiormente supportata dal fatto che proprio nel 1232 la repressione della rivolta guelfa, capeggiata dalle città di Centuripe e Montalbano, duramente punite dall'Imperatore, permise lo spostamento di grossi blocchi di popolazione, prevalentemente centuripini, ma anche catanesi, nella nuova città in via d'espansione, e che si dotava presumibilmente anche di un poderoso castello che fungeva da punta fortificata della nuova gloria dello Staufen.

Nel 1239 il castello era ancora in costruzione, come si evince dal carteggio che Federico intrattenne da Lodi con il suo architetto Riccardo da Lentini; alcune somme riscosse per la continuazione dei lavori del castello vengono trattenute dal collettore Trogisio da Caltagirone, che si rifiutò di consegnarle a Riccardo da Lentini; con ordine imperiale Federico mobilita il giustiziere di Sicilia, Guglielmo di Anglone, per la restituzione alla causa imperiale delle predette somme.

Nel 1242 il castello è probabilmente ultimato, come si poteva leggere in un'iscrizione posta su una delle porte della vecchia fortezza, probabilmente distrutta nello stravolgimento del 1890. Curiosamente non vi sono notizie sulle vicende del castello da questa data per gli otto anni seguenti fino alla morte di Federico, ed ugualmente per il successivo lasso di tempo occupato dalle sanguinose lotte per la successione, fino all'esito tragico di Benevento del 1266. E' emblematico il fatto che il castello, insieme a quello di Lentini, non appaia nell'elenco dei castra exempta, prodotto nel contesto delle costituzioni del 1240. Unica luce nell'oscurità delle fonti la notizia riportata dal Muratori secondo cui, nel turbolento periodo della successione sveva, trovò riparo nel Castello quel Govanni di Cocleria che, per mezzo della sua somiglianza, si spacciò per Federico II.

Durante il periodo angioino Augusta dimostrò una feroce opposizione nei confronti dei nuovi dominatori, ma l'imprendibile città col suo castello vennero conquistati col tradimento da Guglielmo Estendard, che impose il potere di Carlo d’Angiò sulla ribelle Augusta. Durante la dominazione angioina il forte è ricordato nella più antica lista di castelli siciliani di cui si dispone, fornita proprio dagli archivi angioini.

Sicuramente il castello fu oggetto di rimodernamenti e modifiche da parte degli angevini, considerando che da questo momento comparirà continuamente nei diplomi di approvvigionamento delle fortezze e negli statuti per le norme amministrative nel 1274, 1278 e 1281; non è tuttavia possibile stabilire, allo stato odierno degli studi ed in mancanza di adeguati restauri sulla struttura, le eventuali azioni operate dagli angioini sull’edificio svevo.

 

Anche ad Augusta i Vespri provocarono forti modifiche e tensioni; il castello cadde in mano aragonese a seguito dell’elezione di Pietro III a Re di Sicilia nel 1282; dopo nemmeno cinque anni tuttavia Rinaldo del Balzo, con l’ausilio di una congiura di monaci domenicani fedeli alla causa d’Angiò, riuscì ad impadronirsene ed utilizzarlo nuovamente come valida difesa contro le forze offensive degli Aragonesi. L’assalto fu portato avanti da Giacomo d’Aragona e dall’ammiraglio Ruggero di Lauria. Dopo quaranta giorni di assedio il castello capitolò per fame; era il 23 giugno 1287. A seguito del tremendo assedio Giacomo restaurò l’edificio, innalzando un’ulteriore cinta di mura.

 

Durante le violente lotte che seguirono la morte di Alfonso III d’Aragona il castello fu nuovamente teatro di scontri e oggetto di donazioni; Carlo II di Napoli ricevette la Sicilia da Giacomo II, fregiandosi dell’appoggio di Ruggero di Lauria che aveva intanto sposato la parte angioina, ma prometteva in dono la città di Augusta a Catalani e Aragonesi. La città tuttavia, parimenti ad altri centri siciliani, si schierò dalla parte autonomista di Federico d’Aragona ed il castello venne difeso da Blasco Alagona, che riuscì a respingere le armate angioine.

 Nel 1378 fu rinchiusa nel Castello la giovane Maria d’Aragona che, tenuta prigioniera nel Castello Ursino di Catania dal reggente di Sicilia Artale Alagona, che ipotizzava un legame matrimoniale con un Visconti, fu sequestrata dal conte di Augusta Guglielmo Montecateno. Egli la tenne negli agi dentro il castello, che sopportava intanto l’assedio di Alagona. Nel 1379, all’arrivo della flotta aragonese, l’Alagona dovette desistere dall’inutile attacco all’imprendibile fortezza e la giovane Maria fu data in sposa al figlio del duca di Montblanc, Martino il Giovane.

 Alla fine del Quattrocento il Castello di Augusta rientrò nel repertorio delle fortezze visitate da Consalvo di Cordova durante l’ispezione delle piazzeforti siciliane; in tale periodo iniziarono ad essere maturati i progetti di espansione delle cortine difensive del castello per renderlo difendibile dai nuovi pezzi d’artiglieria, con bastioni a terrapieno e poderose mura di cinta che avrebbero formato una nuova cittadella militare attorno al forte. I lavori si protrassero per tutto il Cinquecento fino al 1590 almeno, come testimoniato da un decreto spagnolo, riportato da F. Vita in Inesto Storico e citato da Agnello, nel quale il viceré di Sicilia riceve l’ordine di far pagare agli Augustanesi un indennizzo per danni avvenuti durante la fortificazione della città.

 Nel 1567 Augusta viene sottratta al regime feudale e reinsignita del privilegio di città demaniale.

Nel 1585 e 94 la fortificazione respinge con successo due tentativi di attacco da parte della flotta ottomana.

Nel 1675 Luigi XIV riuscì a conquistare la cittadella strappandola agli spagnoli, ma l’istantanea ribellione de cittadini costrinse i francesi a sgomberare nel giro di tre anni; a seguito di ciò il generale francese Le Feuillade tentò, abbandonando il castello, di distruggerlo incendiandolo e cercando di danneggiare le artiglierie. Tuttavia il forte non dovette subire danni eccessivi, se il viceré di Sicilia Benavides, conte di S. Stefano, ritenne sufficiente, per la sistemazione del castello, far leva sulla magnanimità dei cittadini stessi di Augusta. Fu in tale occasione che la fisionomia del castello mutò definitivamente: il donativo degli Augustanesi fu inaspettatamente ricco, tanto da permettere la costruzione di ulteriori cortine murarie e il totale riassetto della struttura topografica della fortificazione. L’antico castello svevo divenne il mastio di una struttura difensiva molto più ampia ed articolata.

 Il 1693 fu annus infaustus per il castello: il terribile terremoto che colpì tutta la Sicilia Orientale, radendo al suolo numerose città, pur non avendo avuto effetti ingenti su Augusta, provocò un incendio nel castello che, propagandosi alla polveriera, la fece esplodere, rovinando gran parte dell’edificio ed uccidendo lo stesso castellano, la famiglia e quaranta monache che avevano ivi trovato rifugio.

 La ricostruzione del castello fu portata a termine nel 1702 dal viceré Francesco Giudice.

 A seguito della pace di Utrech del 1713 il Castello riacquista ampie funzioni militari, ospitando un preisidio permanente di 400 uomini. La Sicilia era temporaneamente passata in mano ai Savoia. Un rinnovato tentativo degli Spagnoli di riprendere la fortezza spinse Vittorio Amedeo di Savoia a portare alla massima efficienza difensiva il castello, ma il conte piemontese Maffei, posto a difesa della cittadella, volle smantellarlo per privilegiare le difese di Siracusa. Una sollevazione popolare impedì lo smontaggio delle artiglierie e le truppe in allontanamento dal castello provocarono gravi danni alla costruzione, forse i maggiori dopo lo scoppio della polveriera nel 1693.

I Borboni provvederono, durante la parentesi napoleonica, a rafforzare il presidio del castello installandovi una compagine di 4000 soldati inglesi, a prevenzione di un possibile attacco francese.

Nel 1831 Ferdinando II di Borbone, turbato dallo scoppiare dei moti liberali, fortificò ulteriormente il complesso, che appariva ormai come una vera e propria cittadella militare, autonoma ed imprendibile, rafforzata anche dal materiale bellico portato dal Castello Ursino. Fortificazione non insensata: nel ’48 i moti rivoluzionari ebbero eco anche ad Augusta, dove il presidio borbonico fu costretto ad uscire dal castello, che cadde in mano dei rivoltosi. La sollevazione fu effimera: il forte, accerchiato dalle truppe borboniche, capitolò l’8 aprile 1849.

Nel 1860 tremila soldati borbonici riuscirono a tener testa all’attacco garibaldino, ritardando la presa della città e rendendola, di fatto, una delle ultime fortificazioni siciliane a cadere; il 14 ottobre la guarnigione francese si arrese.

Nel 1890 avvenne la trasformazione del castello in Casa di pena. Le modifiche e gli sventramenti architettonici funzionali alla nuova destinazione dell’edificio contribuirono all’ultima, irrimediabile distruzione del capolavoro svevo la cui struttura originaria fu compromessa in modo definitivo. Mantenne la funzione di carcere fino al 1970.

Attualmente il castello rimane chiuso al pubblico, in uno stato di tremenda alterazione strutturale ed architettonica, in attesa di un adeguato restauro che dia nuovamente lustro e gloria all’insigne capolavoro dell’architettura Hohenstaufen.

Bibliografia

 G. Agnello, L\'Architettura sveva in Sicilia, Brancato Editore 2001;

A. D. Beltrandi, Castelli di Sicilia, Brancato Editore 2000;

T. Fazello, De Rebus Siculis Decades Duae;

L. A. Muratori, Annali.

 

Indirizzo: Centro Urbano, giardino pubblico

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