Castello Dei Pio Di Carpi

Castello Emilia Romagna, Modena - Carpi

Epoca
XI Secolo
Visitabile
Si, pagamento
Proprietà
Comune

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Descrizione

Il Palazzo dei Pio, comunemente detto Castello, visivamente unitario benché composto da edifici disomogenei per datazione e caratteristiche, è una struttura che si estende da est a ovest tra le due piazze principali di Carpi (l'antica piazza Re Astolfo a est e la rinascimentale piazza dei Martiri a ovest). L'apparente uniformità è data dalla facciata principale di ponente che è costituita, oltre che dalla parte centrale rinascimentale, dalla aggiunzione estense del Cinquecento a nord e dalle cosiddette "Stanze del Vescovo" a sud, a congiungere la parte centrale rispettivamente con la torre del Passerino a nord e col Torrione di Galasso o degli Spagnoli a sud. Nello specifico, è composto da un insieme di edifici di stile medievale (la torre merlata di Passerino Bonaccolsi), rinascimentale (la cilindrica Uccelliera, la lunga facciata, il torrione di Galasso Pio all'estremità sinistra) e seicentesca (di quest'epoca è la Torre dell'orologio). Oltre 160 metri è lungo il fronte del palazzo sulla piazza dei Martiri e oltre 14.000 i metri quadrati di superficie del palazzo, che comprendono cortili, porticati, terrazze, sale affrescate, loggiati, una cappella, ma anche uffici, sale conferenze, sale espositive, il tutto concentrato in tre Musei, un Archivio, una Biblioteca e il Castello dei Ragazzi, una struttura attrezzata per le attività dei più giovani.

Il corpo centrale dell’edificio è occupato sulla piazza dalla maestosa facciata rinascimentale, ritmata in modo chiaroscurale per la presenza di finestre e nicchie dove si trovavano affreschi policromi di soggetto antico, raffiguranti imperatori romani a mo’ di statue. Sono evidenti nell’architettura gli influssi dei modelli classicheggianti di derivazione romana, portati a Carpi dall’architetto senese Baldassarre Peruzzi. In realtà la facciata rinascimentale sull’antico Borgogioioso terminava all’altezza del grande pinnacolo angolare merlato, tuttora esistente, che si eleva alla sinistra della Torre dell’Orologio. La facciata era collegata all’Uccelliera a nord e al Torrione a sud da una bassa muraglia, quanto rimaneva dell’antico muro perimetrale del Castello. Tra 1582 e 1589 il corpo centrale fu ampliato verso nord, mantenendo e completando l’aspetto rinascimentale dell’edificio, con l’aggiunta di un’intera ala (la cosiddetta aggiunzione estense) che collegava la parte cinquecentesca alla più antica torre del Passerino, a dare l’idea di un unico complesso palaziale. A sud in seguito, nel 1779, fu alzata di un piano l’ala bassa che congiungeva il Torrione degli Spagnoli alla parte centrale del palazzo, per trovare una sede temporanea per l’abitazione del vescovo di Carpi eletta in quell’anno a sede vescovile, in attesa della costruzione del Palazzo accanto al Duomo.

Il centro della facciata, dove in antico era collocato il rivellino, è caratterizzato dalla presenza della Torre dell’Orologio, che costituisce l’ingresso principale al Palazzo dei Pio. La costruzione della torre, collocata al centro del palazzo dove si trovava il cassero fortificato dell’antico ingresso, iniziò nel 1577. Dopo un parziale crollo nel 1597, l’edificio fu ricostruito nelle attuali forme tra 1625 e 1637 su progetto di Guido Fassi. La torre, che ha mantenuto parte del vestibolo monumentale con il grande portale a paraste doriche di bugnato, si presenta caratterizzato da una composita verticalità definita da masse sovrapposte degradanti per dimensioni verso l’alto e terminante con un pinnacolo aperto in quattro archi centinati e sormontato da un cupolino rivestito in rame.

L’angolo nord ovest della facciata del palazzo sulla piazza è segnata dalla caratterizzante presenza della torretta dell’Uccelliera. E’ un basso edificio rotondo costruito nel 1480 che aveva funzione di torretta angolare intorno a cui girava il canale. All’inizio del Cinquecento fu trasformata da Alberto III Pio in ninfeo con retrostante giardino segreto e con una voliera sul tetto per la sua collezione di uccelli rari, da cui il nome di Uccelliera. Altra analoga torretta esisteva nell’angolo meridionale delle mura prospicienti la piazza, ma fu distrutta nel Settecento per costruire Palazzo Scacchetti, ora sede del Municipio.

Le cosiddette Stanze del Vescovo erano formate da grandi sale con soffitti in cannucciato e una cappella in scagliola bianca. Le pareti erano decorate ad affresco con motivi e decorazioni di carattere neoclassico, e oggi sono in parte ancora visibili. L’elemento più imponente del lato ovest del Palazzo dei Pio è invece il Torrione degli Spagnoli (o di Galasso) che ora chiude il complesso monumentale verso sud. L’edificio, costruito tra 1440 e 1450 unendo due precedenti torri, si presenta come un ampio torrione a pianta rettangolare dalla caratteristica struttura verticale, articolato su più piani con stanze dalle volte a crociera, sontuosamente affrescate. Alcuni altissimi pinnacoli che si alzano dalla linea del tetto sottolineano ancor oggi lo slancio dell’edificio. Di particolare interesse sono gli affreschi a piano terra, attribuibili a pittore di scuola ferrarese della metà del Quattrocento, e le decorazioni nelle sale al primo piano, in particolare uno stemma dei Pio di Savoia, della medesima epoca, notevole per fattura e qualità artistica. Il Torrione è l’unica parte del complesso del Palazzo dei Pio di proprietà dello Stato, mentre il resto è del Comune di Carpi.

Entrando dal cassero della torre dell’Orologio, si accede al maestoso Cortile d’onore, oltre 900 metri quadrati di superficie. L’inserimento del cortile d’onore al centro del complesso residenziale dei Pio è l’elemento fondamentale che nel primo decennio del Cinquecento (tra 1504 e 1511), per volontà di Alberto III Pio, dà una nuova immagine al palazzo, tanto che non serve solo come punto di snodo tra le diverse parti dell’edificio (a nord gli appartamenti, a sud una zona di rappresentanza e oltre il Torrione di Galasso) e tra la nuova piazza e l’antico centro medievale a levante, ma anche come primo luogo di rappresentanza per chi accede al palazzo. Il cortile, costituito da un regolare loggiato con colonne in marmo a formare un portico ad arcate a tutto sesto sormontato da due sopralogge chiuse ai piani superiori, rappresenta una delle più felici realizzazioni rinascimentali a Carpi e rivela l’influenza di modelli urbinati e romani nei loggiati sovrapposti e nei loro particolari decorativi di buona qualità realizzativa - capitelli, peducci, mensole, con elementi figurati - opera del reggiano Bartolomeo Spani. Rimasto incompiuto nell’apparato ornamentale, fu integrato e concluso fra 1875 e 1876 da Achille Sammarini.

Spicca nella piccola corte a nord del Cortile d'onore la Torre del Passerino (o Bonaccolsi), che costituisce l’edificio più antico attualmente esistente nell’intero complesso palaziale. La struttura architettonica è caratterizzata dalle tipiche merlature ghibelline (rifatte intorno al 1820, dopo la distruzione di quelle antiche), che dimostrano l’originaria funzione prettamente difensiva dell’edificio e come molte torri di avvistamento è orientata precisamente secondo i quattro punti cardinali. È alta circa trenta metri ed è suddivisa in cinque piani che originariamente dovevano essere intercomunicanti; nel XV secolo la stanza al primo piano fu inglobata nell’appartamento nobile (la Sala della Dama) e ne vennero affrescate le pareti. Parzialmente adibita a deposito di granaglie a inizio Ottocento, con la distruzione di alcune delle volte originarie, fu recuperata poco dopo con ampi rifacimenti. Sul lato est del cortile d’onore, verso piazzale Re Astolfo, è rimasta parte dell’area del palazzo denominata in antico Palazzolo o Corridoio. Questa struttura, che collegava la Rocca Nuova a nord con la Rocca Vecchia a sud, era costituita da un ampio e alto porticato che si apriva sui giardini del palazzo, collocati nell’area ora occupata dall’ex opificio Loria, sull’attuale piazzale Re Astolfo. A questo edificio appartengono due spesse colonne cilindriche in cotto con capitelli cubici arcaicizzanti che reggono volte a crociera, collocate in un vano attiguo alla cosiddetta Sala ex Poste, in cui è stato rinvenuto un affresco databile alla seconda metà del Quattrocento raffigurante un guerriero in veste di “sentinella del palazzo”. In epoca estense vennero qui sistemate le scuderie, mentre l’attuale decorazione in stucco liberty della sala fu realizzata in occasione dell’apertura dell’ufficio postale nel 1911.

Anticamente la zona costituiva l’accesso sul lato orientale agli appartamenti della Rocca nuova, in prossimità dello scaloncino che conduce all’appartamento inferiore e quindi al piano nobile, alla loggia e all’appartamento. Malgrado il nome, la Rocca Nuova costituisce o meglio ingloba invece il nucleo originario (XII secolo) del complesso del Palazzo dei Pio, ora non più esistente ma in parte leggibile nella struttura architettonica. Su questa struttura si insediò poi nella seconda metà del Trecento Giberto Pio con la sua rocca, che fu poi inclusa, lasciando chiare tracce architettoniche e decorative, in un rifacimento successivo - la Rocca Nuova appunto -, quello attualmente visibile, databile verso gli anni Settanta del Quattrocento. È questa l’area residenziale di maggior prestigio del Palazzo dei Pio, con i due appartamenti collocati al piano ammezzato e al primo.

All’appartamento inferiore si accede dallo scaloncino nell’angolo nord ovest del cortile d’onore. È costituito da cinque ambienti di dimensioni e funzioni differenti, tutti comunque abbelliti da decorazioni ad affresco databili tra la fine del Quattrocento e il primo decennio del Cinquecento, ascrivibili all’epoca e alla volontà di Alberto III Pio. La sala dei Cervi è un ambiente di notevoli dimensioni decorato nella volta con crociere e nelle lunette da affreschi con soggetti tipicamente cortesi con scene di caccia. La volta presenta eleganti motivi geometrici intrecciati al cui interno sono iscritte le iniziali di Alberto Pio. Le decorazioni furono purtroppo irrimediabilmente danneggiate dal punto di vista cromatico nella quasi totalità da un incendio che si sviluppò nella sala intorno al 1861, dando alle pitture una scura tonalità brunastra, ben diversa dai brillanti azzurri e verdi che dovevano caratterizzarla. La successiva sala degli Stemmi o dei Re presenta sulle due belle volte a crociera e sulla parte superiore delle pareti affreschi con stemmi dei re di Francia, con i tre gigli dorati, di Ludovico il Moro di Milano e di Anna di Bretagna. La volta presenta sul fondo bianco numerose code di ermellino (elemento decorativo piuttosto frequente nelle residenze dei re di Francia), mentre i costoloni delle crociere sono sottolineati da belle decorazioni a candelabra bianche su fondo blu. La presenza di stemmi legati ai re di Francia in questa e nella sala successiva dei Gigli è dovuta all’alleanza di Alberto Pio con i Francesi nel 1506; nel 1509 Carlo d’Amboise passò per Carpi e a questi anni sono da far risalire queste decorazioni. L’adiacente sala dei Gigli presenta decorazioni nelle lunette delle pareti e nella volta, caratterizzata da piccoli soli con gigli dorati all’interno. Due delle lunette presentano invece su fondo azzurro una serie di gruppi statuari marmorei figurati, tra cui spiccano ben riconoscibili i Dioscuri di Montecavallo, tra cui sono inseriti medaglioni raffiguranti imprese araldiche e gigli di Francia sorretti da coppie di putti. Sulle altre due lunette sono ben identificabili Dioniso a cavallo di una pantera e la Sfinge che schiaccia un leone. Emerge in queste decorazioni, opera di Giovanni del Sega, un gusto antiquariale tipico della pittura romana di quegli anni che caratterizza buona parte delle decorazioni cinquecentesche del palazzo di Carpi, prima di tutte la sala dei Mori. Un piccolo gioiello è l’attigua sala delle Muse, tipicamente rinascimentale per gusto e per scelta iconografica. La decorazione, ricca di figure allegoriche umanistiche, si sviluppa dal centro della volta, dove è rappresentato Pegaso in una cornice di grottesche di straordinaria qualità pittorica, alle lunette delle pareti dove si trovano le Muse in veste di musiciste e dove su un camino perduto doveva esserci anche Apollo, in una rappresentazione del Parnaso, come era nello studiolo ferrarese di Belfiore e nel tempietto delle Muse di Federico da Montefeltro a Urbino. All’incrocio delle vele, entro medaglioni, i busti dei grandi poeti dell’antichità. Questo piccolo vano era molto probabilmente lo studiolo di Alberto Pio, un luogo intimo e privato, direttamente collegato alle sale dell’appartamento del piano nobile in cui veniva conservata parte della sua biblioteca. Dell’attiguo stanzino, denominato dei Cartigli per la presenza nella decorazione di cartigli incompleti degli stemmi, è da citare la bellissima crociera della volta segnata da una decorazione a candelabra di notevole qualità esecutiva. Si tratta probabilmente di un piccolo ambiente di passaggio per il vano attiguo, in cui ancora oggi rimane l’imposta dell’antica presenza di una scala a chiocciola che saliva, oltre che per le labili ma ben leggibili tracce di una trecentesca decorazione ad affresco a motivi vegetali dell’antico muro esterno della rocca, poi inglobato.

Attraverso lo scalone d’onore si accede alla loggia di primo ordine e quindi, attraverso la sala dei Mori, all’appartamento nobile. È questo il percorso rinascimentale di accesso al palazzo, quello che passando per la piazza e il cortile, costituiva un itinerario di avvicinamento al signore attraverso i luoghi di rappresentanza della sua residenza. La loggia di primo ordine, coi suoi quattro bracci caratterizzati da alte volte, riprende i modelli architettonici romani della gallerie vaticane e di palazzo Chigi, a cui lavorò lo stesso Baldassarre Peruzzi chiamato a Carpi da Alberto Pio. La loggia costituisce il punto focale di snodo dei percorsi di visita del palazzo e nella sua maestosa compostezza risulta una delle più belle e interessanti realizzazioni del Rinascimento a Carpi. La sala dei Mori è già dal 1470 il salone dove si svolgono le funzioni pubbliche della signoria. Costruita nelle attuali forme e con l’apparato decorativo che la caratterizza, con funzioni di rappresentanza, nei primissimi anni del Cinquecento da Alberto Pio, fu denominata sala dei Mori solo nel Settecento perché utilizzata per la produzione della seta (il moro è il frutto del gelso). Gli affreschi furono realizzati tra aprile e giugno 1506 da Giovanni del Sega, riprendendo i modelli antichizzanti di ascendenza di cui già si è parlato. Le pareti si aprono con funzione scenografica, dilatando l’ambiente verso lo spazio aperto, attraverso una partitura architettonica prospettica formata da una loggia architravata sostenuta da pilastri a candelabra. Sul basamento poggiano statue antiche disposte come in una collezione antiquaria secondo la moda diffusa a Roma e nelle grandi corti rinascimentali in quegli anni. Il fregio superiore è percorso da una decorazione a racemi con medaglioni raffiguranti i ritratti dei Cesari e di Luigi XII di Francia, mentre lo zoccolo inferiore è caratterizzato da una decorazione a finta tarsia marmorea intervallata da medaglioni purtroppo poco leggibili. Sulla parete meridionale della sala dei Mori si apre la Cappella dei Pio. Ambiente di piccole dimensioni dal decoro tipicamente rinascimentale, è formato da una navatella rettangolare con volta a crociera e da un vano quadrato con cupola che finge da presbiterio. Gli affreschi (abbondantemente restaurati all’inizio del Novecento) coprono tutte le pareti e le volte e riportano episodi della vita di Cristo e di Maria, a cui è dedicato l’ambiente, realizzate entro il 1511 da Bernardino Loschi, con moduli stilistici che si rifanno alla tradizione pittorica tardo quattrocentesca lombarda e padana di ascendenza mantegnesca. Particolarmente interessante, anche per il valore storico, il ritratto del principe Alberto III, dedicatario della cappella, nella zona presbiteriale, insieme al fratello Lionello e due prelati. Nelle lunette della navatella si trovano quattro medaglioni in terracotta invetriata a bassorilievo raffiguranti gli Evangelisti, opera di Andrea della Robbia. A ovest della sala dei Mori si apre un vasto ambiente, la cosiddetta stanza del Forno, che conserva come le due stanze successive tracce di affreschi nella parte superiore delle pareti, che costituiscono un fregio decorativo analogo per iconografia e motivi stilistici alle decorazioni dell’attigua sala dei Mori, opera di Giovanni del Sega. Di notevole interesse il soffitto ligneo decorato di recente recuperato, databile ai primi anni del Cinquecento, con una struttura a cassettoni dal fondo blu con al centro un elemento floreale dorato. Le travi, di colore rosso con motivi decorativi dorati, si intersecano alle pareti dove, sopra al fregio, sono presenti elementi affrescati a dadi di colore rosso anch’essi. Passate queste prime tre sale, attraverso un’intercapedine ricavata dall’originario muro esterno della torre del Passerino, si accede alla sala della Dama. La stanza presenta sulle pareti e sulla volta a crociera decorazioni ad affresco di artista emiliano databili al XV secolo, in cui spiccano le figure di una dama a cavallo e di un’altra sotto un baldacchino, interessanti per i riferimenti a temi cortesi diffusi tra Trecento e Quattrocento. Dai documenti antichi risulta che la stanza era la camera cubicularia (cioè la stanza da letto) dell’appartamento nobile e sembra che i due personaggi rappresentati entro mandorla nella volta, una donna con capo velato di bianco e un uomo con tutte le caratteristiche del signore, siano Lionello Pio e Caterina Pico, genitori di Alberto III Pio. Tornando nella Rocca Nuova, si accede alla sala Ornata o del Principe, che presenta affrescato alle pareti un finto loggiato architettonico con archi a tutto sesto, opera probabile dell’inizio del Cinquecento di Bernardino Loschi. Molto interessante è lo splendido soffitto ligneo intagliato e dorato, con motivi di candelabre, racemi, sirene e putti reggistemma. Al centro del soffitto, integrazione di inizio Cinquecento, c’è una figura allegorica su trono, all’interno di una struttura prospettica con volta. Allo stesso periodo sono databili una parte delle decorazioni della successiva stanza dei Trionfi. Il ciclo di affreschi della sala, uno degli ambienti più suggestivi dell’appartamento nobile del palazzo, raffigura il tema dei Trionfi, immagini allegoriche di carri in trionfo secondo la tradizione dell’antica Roma rappresentanti l’Amore, la Morte, la Carità, la Fama, l’Eternità e il Tempo. Nella scelta del soggetto è ipotizzabile un riferimento all’omonima opera poetica di Francesco Petrarca, i cui rapporti con Carpi sono tra l’altro documentati da un soggiorno del poeta alla metà del Trecento. Alla seconda metà del Quattrocento sono attribuibili le scene del Trionfo del Tempo, del Trionfo dell’Amore e di un Corteo di cavalieri di dame, assolutamente estraneo all’iconografia classica dei Trionfi, con evidenti riferimenti alla cultura decorativa espressa a Palazzo Schifanoia a Ferrara e a Palazzo Ducale a Mantova. Di qualche decennio successive, sono le scene con il frammentario Trionfo della Morte e il Trionfo della Fama, attribuibili a Bernardino Loschi. Sotto il ciclo pittorico dei Trionfi sono di recente emerse tracce di affreschi di carattere decorativo con motivi vegetali e animali e un grande sole, databili a una fase precedente della storia del palazzo e facenti parte dell’antica decorazione esterna della rocca medievale. Analogo ciclo pittorico dell’inizio del Cinquecento, purtroppo rimasto solo per brani, ornava anche le pareti della sala dell’Amore, in cui rimangono al momento poche e labili tracce di decorazione. Interessante il soffitto ligneo a cassettoni dipinti con rosette dorate del XVI secolo (ma ampiamente restaurato a fine Ottocento), in cui si ritrovano le imprese di Alberto III Pio. Altri due piccoli ambienti concludono il percorso dell’appartamento nobile. Nell’angolo nord ovest è collocato il cosiddetto Studiolo, un vano di collegamento con l’appartamento inferiore nel quale sono stati recentemente collocate alcune tavolette da soffitto in legno intagliate e dorate del XVI secolo, provenienti da un vano del palazzo di analoga struttura. Molto interessante, sulla parete meridionale, parte dell’antica (trecentesca) decorazione della facciata esterna della rocca, poi inglobata dai rifacimenti quattrocenteschi. Infine, in un’intercapedine muraria a sud della sala dei Trionfi si apre un piccolissimo ambiente rettangolare che presenta sulla fascia superiore delle pareti un fregio iscritto a lettere capitali dorate su fondo blu, che riporta presumibilmente una invocazione di preghiera o di protezione in lingua latina. Prima di salire al livello superiore, sullo stesso piano nobile, con accesso diretto dallo scalone d’onore, si apre un vasto spazio che, intorno al 1642, fu sistemato per ospitare il teatro a strutture fisse del palazzo. La nuova costruzione, realizzata su progetto di Gaspare Vigarani, occupò un grande vano dell’altezza di due piani che fu ricavato nell’ala di levante del palazzo, modificando anche la facciata esterna sull’attuale piazzale Re Astolfo, che venne utilizzata per il gioco del pallone. Dopo la costruzione del nuovo teatro comunale nel 1859, la grande sala venne sventrata e di lì a poco diventò sede della palestra della società La Patria, funzione che ha mantenuto fino al 2001. Il livello del sottotetto, dove oggi si sviluppa il Museo della città, non è caratterizzato da strutture architettoniche di particolare pregio. Accanto al quadrilatero della sopraloggia, uguale per estensione ma con un’altezza inferiore, alla sottostante loggia di primo ordine, si aprono a nord due vasti ambienti che presentano traccia delle antiche strutture architettoniche della rocca trecentesca e in un ampio vano all’estremo nord, la sala delle vedute, brani di affreschi con vedute urbane piuttosto interessanti. Accanto a questi due ambienti, nella torre del Passerino, si trova la sala delle Carceri, che riporta sulle pareti e sul pavimento scritte graffite dei prigionieri che lì passavano la detenzione.

A sud della sopraloggia, si aprono poi una serie di vani di sottotetto, di scarso pregio, che sormontano gli ambienti del piano nobile a meridione del cortile che, date le decorazioni e la posizione, dovevano avere funzioni di rappresentanza. La parte sud est del complesso del Palazzo dei Pio è occupata dalla cosiddetta Rocca Vecchia. Così come la vediamo ora, fu costruita intorno alla fine del Quattrocento. Il nome fa tuttavia riferimento a un edificio più antico che lì si doveva trovare, forse una precedente rocca, di cui rimangono le tracce, benché modifiche e integrazioni dei secoli successivi abbiano parzialmente cambiato la forma originaria. Sulla facciata orientale infatti sono ben visibili brani di decorazioni esterne e soprattutto i rilievi degli antichi merli di un edificio che doveva avere una qualche funzione difensiva. All’interno della rocca, sede dell’Archivio Storico Comunale, è presente la cosiddetta sala dei Cimieri, caratterizzata da una bella decorazione ad affresco quattrocentesca con giganteschi cimieri e un bel fregio a motivi vegetali con pigne dorate, simbolo dei Pio.

I Musei di Palazzo dei Pio si presentano oggi come un sistema coordinato di tre percorsi. Dal 1973 il Museo Monumento al Deportato offre un percorso che parte dal cortile delle stele e si sviluppa per tredici sale a piano terra. Gli ambienti, di grande impatto emotivo e di suggestione, sono caratterizzati da graffiti con opere di grandi artisti quali Longoni, Picasso, Guttuso, Cagli e Léger e con frasi incise sulle pareti tratte dalle Lettere dei condannati a morte della Resistenza europea. In poche teche sono esposti alcuni oggetti appartenuti a detenuti nei campi di concentramento. Il percorso si conclude nella sala dei Nomi dove sono graffiti i nomi di oltre tredici mila italiani morti nei campi di concentramento europei. Il cortile delle stele, vero e proprio monumento all’interno progetto museografico, presenta sedici alte stele in cemento armato con incisi i nomi dei luoghi dello sterminio della seconda guerra mondiale.

Il Museo della Città espone, razionalizzandolo nel filo cronologico della storia di Carpi, il patrimonio artistico e artigianale del vecchio Museo civico fondato nel 1898: dalle produzioni ceramiche alle terrecotte, dalle scagliole ai cimeli risorgimentali, passando per volumi a stampa e documenti, ma anche frammenti architettonici e decorativi della città, macchinari, attrezzi e documentazione multimediale della attività agricola, quindi della produzione del truciolo fino alla più recente attività imprenditoriale del tessile abbigliamento. Una parte rilevante dei quasi venti mila pezzi presenti è costituita dalle donazioni di collezioni private (come quelle di Pietro Foresti, Lando Degoli e Carlo Contini).

Il Museo del Palazzo, aperto al pubblico nel dicembre del 2006, trova collocazione nell’appartamento nobile, la parte più prestigiosa del Palazzo. Gli ambienti presentano un nuovo percorso di visita che sviluppa due piani di lettura paralleli e integrati. Da una parte le decorazioni affrescate sui muri delle sale, datate tra la metà del Quattrocento e i primi anni del Cinquecento, sono opera di Giovanni del Sega e Bernardino Loschi, pittori di corte di Alberto III Pio. Qui sono esposte le opere della collezione museale realizzate dai due pittori e di altro genere, ma relative alla cultura rinascimentale a Carpi.

A completare la descrizione del Castello, infine, v’è Il Castello dei ragazzi: un grande spazio destinato al pubblico 0-16 anni che si trova a Carpi nell'ala nord-ovest con accesso da Piazza Martiri. E’ composto dalla biblioteca Il falco magico, dalla nuova Ludoteca e dal Teatro della luce, un insieme di luoghi dedicati alla lettura, al gioco, alla scoperta e all'apprendimento. I nuovi spazi recentemente aperti allargano il ventaglio di attività rivolte ai giovani utenti e alle famiglie, potenziando le attività educative della città.

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Prezzi ed orari

Come raggiungere

In auto il castello è raggiungibile attraverso l'autostrada A22 Modena-Brennero.

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Storia

La costruzione (o le modifiche e le integrazioni) che compongono le strutture del Castello con le relative decorazioni è avvenuta tra l’XI e il XVIII secolo, anche se oggi si sono perse le architetture più antiche e la parte esistente più antica dell’edificio, la Torre del Passerino, è databile al 1320 circa. Dagli studi è emerso che sono 6 le fasi storiche della vita del Castello nei suoi 11 secoli di storia, così divise: la fondazione del castrum carpense,l'oppidum opulentissimum dei Pio,Alberto Pio e il Rinascimento, la fase di degrado estense, la riscoperta ottocentesca del palazzo, il futuro del palazzo dei Pio.

La nascita della residenza signorile a Carpi è strettamente correlata con lo sviluppo dell'insediamento carpigiano fin dalle origini, in una situazione pre-urbana ricordata anche nei documenti, che parlano di Carpi prima come castrum (X-XI secolo) poi come oppidum (XIII-XIV secolo). Nel X secolo infatti è documentata la presenza intorno alla pieve della Sagra di un castrum (di cui non resta alcuna traccia), che si può ipotizzare come un insediamento sorto intorno all'edificio religioso, munito di una struttura fortificata (da cui probabilmente la denominazione di castrum) principalmente con funzioni militari, ma anche politiche, vista la presenza di edifici pubblici e residenze signorili. Si trattava di una realtà piuttosto ben attrezzata, sia militarmente che politicamente, se dobbiamo dare credito alla tradizione secondo la quale Matilde di Canossa resistette nel 1083 all'assedio dell'imperatore Enrico IV proprio a Carpi. La struttura del castrum è alla base dello sviluppo della successiva cittadella e della nascita dei borghi, che rispecchiano quasi completamente l'assetto altomedievale. Rispetto all'attuale situazione, che è frutto delle modifiche di inizio Cinquecento, è differente la lunghezza della pieve, accorciata di due terzi da Alberto Pio, che originariamente con la sua pianta basilicale impediva lo scorrimento viario dell'attuale via Matteotti parallela alle dimore dei Pio. Il percorso risultava così spezzato in tre segmenti, con la piazza a sud ovest del castello e accesso principale da sud, con un tracciato spostato più a ovest. Dalle origini dunque, e fino alle trasformazioni di Alberto, il centro religioso e politico di Carpi è intorno alla pieve della Sagra, a est dell'attuale palazzo dei Pio. Quale fosse la struttura delle residenze signorili prima dei Pio è difficile allo stato attuale ipotizzare, se si esclude la presenza della torre del Passerino, comunque datata già intorno al 1320.

Un quadro meno confuso della situazione del Castello si ha soltanto nella sua seconda fase che comincia a partire dalla fine del Trecento, quando i Pio governano Carpi già dal 1327, e in particolare dal momento in cui nel 1383 il feudo di Carpi viene diviso tra Giberto e Marsilio. Un rogito del 1383 cita una “Rocham…domini Gyberti”, già identificata con la struttura architettonica nell’area nord del palazzo, poi inglobata nella cosiddetta Rocca Nuova. Questo arroccamento doveva essere sorto intorno alla torre del Passerino. Recentemente in questa stessa area del palazzo sono state individuate altre due torri, rispettivamente a nord est e a sud ovest del cortiletto del Passerino, che avvalorano la presenza di una rocca rinforzata con strutture difensive già dal XIV secolo. Questo contesto presuppone per questa zona in origine una funzione tipicamente militare e difensiva, ma accompagnata in quest’epoca da una valenza residenziale, come dimostrano alcuni elementi architettonici e affreschi esterni, databili a questa fase, di carattere decorativo. Il gusto del colore e della decorazione esterna era un elemento comune nelle fabbriche padane e i muri dell’antica rocca dei Pio con la brillantezza e le invenzioni cromatiche acquistavano così un aspetto più nobile che contribuiva a ingentilire le pesanti e massicce strutture architettoniche e fortificate. I muri erano completamente dipinti con un leggero strato di calce bianca che lasciava scoperti e visibili i mattoni listati a pittura con decori goticizzanti di verzure, racemi ed elementi araldici. L’antica rocca subì importanti mutamenti già con l’ampliamento della seconda metà del Quattrocento, quando perse definitivamente ogni valenza militare, e quindi con la costruzione del cortile d’onore all’inizio del Cinquecento. Tracce di queste antiche strutture architettoniche sono emersi dai lavori ora in corso nell’area nord del palazzo, oltre a quanto già conosciuto dalle sale dei due appartamenti al piano nobile e al sottostante ammezzato. Da recenti scoperte non è azzardato ipotizzare un’analoga situazione di arroccamento nella zona sud dell’attuale palazzo. Il torrione degli Spagnoli infatti si sviluppa inglobando un’antica torre di cui sono ancora presenti i merli nel sottotetto e che occupa l’angolo sud-est dell’attuale torrione. Nel corso di recenti interventi inoltre è emersa su una parete interna a nord dell’edificio un’antica decorazione esterna, del tutto analoga come scelta iconografica e stilistica a quelle della Rocca Nuova a cui si è accennato e databile alla stessa epoca. Anche qui è dunque ipotizzabile la presenza di una torre e di una rocca - almeno nella fase tre-quattrocentesca precedente all’intervento di Galasso - che si porrebbe come elemento difensivo e in un secondo tempo residenziale nella zona a sud-ovest della pieve. Si tratta del permanere di una situazione antica di difesa del castrum e della pieve sulla linea nord-sud verso occidente, dato che si potrebbe ritenere avvalorato dal fatto che questi rimangono i punti privilegiati di scelta residenziale del castello prima, dopo la citata divisione di Carpi del 1383 tra Marsilio e Giberto Pio, e del palazzo oltre un secolo dopo, quando Alberto Pio - che risiede nella parte nord del palazzo - governa il feudo fino al 1509 in condominio con gli Estensi, che pongono la loro guarnigione nella zona del Torrione. L’evoluzione della rocca dei Pio è in stretta connessione con quanto avviene al di fuori della zona abitata dai signori, intorno cui sta sorgendo l’”oppidum opulentissimum” citato da Flavio Biondo. Anche in questo contesto a cavallo tra Trecento e Quattrocento, la nascita e lo sviluppo dei borghi, cioè l’evoluzione della struttura urbana, sono legati dunque a quanto avviene entro la cittadella. È in questi anni, o forse anche qualche decennio prima, che il castello “si apre” verso i lati nord e ovest, dove non esistevano accessi, verso i nuovi borghi. Entro la metà del Trecento viene aperta la cosiddetta Porta nuova, all’inizio dell’attuale corso Cabassi, che connette il castello col Borgo inferiore; più o meno negli stessi anni viene aperta anche una Posterula sul lato ovest, dove ora c’è il rivellino di accesso al palazzo dalla piazza (Torre dell’Orologio), verso il nuovo borgo di Castelnoglioso, poi Borgogioioso. Già in questa fase dunque l’asse viario principale non è interno alla Cittadella, ma è spostato verso ovest, dove poi sorgerà la piazza rinascimentale, che dobbiamo quindi considerare elemento urbanistico centrale, sebbene non definito come piazza, anche prima di Alberto. Nel XV secolo nella rocca dei Pio è possibile individuare una fase, tra 1430 e 1480 circa, di modifiche e integrazioni alle strutture precedenti, che iniziano già a dare al castello un aspetto più palaziale che Alberto Pio renderà definitivo: la costruzione del Torrione di Galasso o degli Spagnoli. Di qualche anno dopo sembra essere anche lo sventramento di una serie di schiere poste a sud-est del complesso (le case Bellintani del catasto del 1472), più o meno all’altezza della cosiddetta Rocca Vecchia. Tra la Rocca Nuova e la Rocca Vecchia, sul versante orientale del castello, fu edificato il cosiddetto Palazzolo o Corridoio. Ultimo intervento prima dell’epoca di Alberto Pio è la costruzione di due torrette cilindriche angolari sul lato ovest della cittadella verso l’attuale piazza, che costituiscono l’ultimo significativo apporto alle fortificazioni della stessa, di cui attualmente ne è conservata una soltanto, la cosiddetta Uccelliera. Alla fine del Quattrocento infine a ovest rimane l’antica muraglia perimetrale, un’ala bassa che parte da nord, dopo la torretta dell’Uccelliera, e prosegue verso sud, all’altezza del Torrione e che poi doveva riprendere nella zona ora occupata dal teatro (prima da un giardino, parte degli horti del palazzo) fino alla seconda torretta a cui si è precedentemente accennato. Al centro la Posterula, che collegava, oltrepassato il canale, al Castelnoglioso. Poco si sa di questo fronte occidentale e degli eventuali edifici lì presenti. Gli unici dati certi riguardano le stanze a piano terra ora occupate dal Museo Monumento al Deportato, caratterizzate da belle volte ad arco gotico, e il cortile ora delle stele con archi tamponati di un portico.

Di ipotetiche architetture antiche lì presenti rimane solo il piano basso perché tutto il piano superiore è costruito solo successivamente sotto Alberto Pio. L’intervento di Alberto Pio, a prescindere dall’importanza sia dell’area del palazzo interessata ai lavori sia delle nuove soluzioni architettoniche introdotte ma anche di carattere decorativo, inaugura la terza fase storica del Castello e mostra una nuova prospettiva e nuovi punti di riferimento culturali che hanno reso la rocca medievale dei Pio, già agli occhi dei contemporanei, un palazzo signorile sede di una delle corti più vive e interessanti dell’area padana. I lavori nel palazzo assumono un maggior valore se contestualizzati nel quadro più ampio del progetto complessivo del principe su Carpi: trasformare la sua “terra” in “città”, con l’elezione di Carpi a sede vescovile. In questo panorama assume un ruolo determinante l’intervento sul palazzo, che va quindi letto e analizzato, oltre che nel contesto delle trasformazioni urbanistiche di quel periodo, anche in relazione alla situazione dell’edificio prima dell’intervento di Alberto Pio per capire quanto lui mantenga o alteri delle strutture precedenti. Rispetto ai suoi predecessori, quello che cambia è il concepimento di un progetto complessivo di risistemazione della propria residenza in un contesto urbano che va adattandosi alle nuove esigenze del signore di rappresentanza e autocelebrazione. L’esigenza, anche politica, di Alberto è di avere una corte forse piccola ma di prestigio anche dal punto di vista architettonico e artistico, uno degli elementi strategici per svolgere con credibilità il proprio ruolo diplomatico presso il papa e i regnanti europei. Le caratteristiche fondamentali dell’intervento di Alberto Pio sono il cambiamento di ruolo e di funzioni dell’edificio (da rocca a palatium) e la ricerca di nuovi riferimenti urbanistici per la sua residenza (una nuova piazza con una nuova chiesa, collegiata, e non l’antico castrum con la pieve). A questo si aggiunge l’utilizzo di modelli architettonici e artistici più aggiornati (le committenze a Baldassarre Peruzzi e le decorazioni dei due appartamenti nobili) rispetto alle scelte dei suoi predecessori, sebbene il principe abbia un rispetto sostanziale dell’impostazione strutturale antica (per esempio la suddivisione delle zone residenziali a nord e a sud sulla linea occidentale), scegliendo preferibilmente di aggiornare le decorazioni e di inglobare e trasformare edifici e funzioni piuttosto che radere al suolo intere aree del palazzo. A questa modalità di intervento si rifanno i lavori alle decorazioni dei due appartamenti nobili, attraverso l’opera di Giovanni del Sega, e la “riconversione” delle funzioni delle due torrette angolari costruite da Marco II intorno al 1480. Gli unici, fondamentali, nuovi inserimenti architettonici, sebbene realizzati con modalità diverse tra loro rispetto al preesistente, sono la facciata di ponente e il cortile d’onore, che rivelano un diretto e stretto rapporto con le trasformazioni urbanistiche avviate in quegli anni (soprattutto con l’assetto della nuova piazza). Le scelte decorative sono strettamente legate al progetto complessivo di risistemazione del palazzo dei Pio, in base al quale l’aggiornamento decorativo doveva andare di pari passo agli interventi architettonici. E così il percorso ideale di ingresso al palazzo, che attraversa la piazza, il cortile, lo scalone e il loggiato, si concludeva nel grande salone - attuale sala dei Mori - che presenta una decorazione in cui predominano elementi iconografici innovativi del palazzo: l’utilizzo della prospettiva in chiave architettonica e la ripresa di motivi dall’antico, che culminano in una finta collezione antiquariale con la riproduzione di sculture antiche reali, che il principe doveva avere visto a Roma. Seguendo la presenza di questi e altri elementi decorativi, è possibile tracciare una sorta di “mappa” delle aree di intervento di Alberto Pio sul palazzo, che si sviluppano essenzialmente intorno al cortile d’onore: la zona più nobile dei due appartamenti a nord, la nuova facciata di ponente, le sale al primo piano a ridosso dell’ala meridionale del cortile e probabilmente collegate alla loggia del primo ordine. Quindi un vero e proprio progetto di complessiva ridefinizione e riqualificazione degli spazi del palazzo che non fu tuttavia terminato e che sembra interessare solo una porzione, per quanto ampia, del complesso residenziale della famiglia. Cosa che non stupisce se pensiamo che fino al 1509 Alberto Pio governa su Carpi in condominio con gli Estensi, che occupano presumibilmente la zona sud dell’antico castello, su cui hanno progetti propri di intervento, in cui intervenne probabilmente l’architetto ferrarese Biagio Rossetti. Ne emerge una concezione grandiosa, aggiornata alle novità dei cantieri della Roma papale e delle principali corti dell’area padana e non (la Mantova dei Gonzaga e la Ferrara degli Estensi, ma anche l’Urbino di Federico da Montefeltro), ma nella maggior parte dei casi con realizzazioni di mediocre qualità, dovute all’affidamento ad artisti di non eccelse capacità coadiuvati da maestranze locali poco preparate se si escludono alcune eccezioni, alla scarsità di mezzi e risorse e alla pessima qualità dei materiali utilizzati. Un’attenzione diversa merita invece l’intervento architettonico sul palazzo, la maestosa facciata rinascimentale e il cortile d’onore in particolare. Cosa ci fosse in questo ampio spazio prima della costruzione del cortile non è dato sapere. Non aiuta il catasto del 1472, in quanto le aree di pertinenza del signore non sono censite né definite. D’altro canto non sono mai stati svolti saggi di scavo nell’area del cortile, che consentano di individuare eventuali resti di strutture precedenti. Senz’altro risulta intaccato dalla costruzione del nuovo cortile l’antico accesso al castello rivolto a levante. Nel vano più settentrionale della sala attualmente denominata ex Poste, è ancora visibile una parte delle strutture dell’antico porticato che si affacciava sui retrostanti giardini, le cui volte sono state interrotte irregolarmente dall’inserimento del muro del cortile, che si presenta peraltro ad un livello di circa due metri al di sopra del piano di questo porticato (quattrocentesco). Altre tracce di antiche strutture sono visibili nel cortiletto del Passerino, sul lato nord del cortile, dove si vedono archi tamponati e muri interrotti che si può ipotizzare facessero parte della Rocca di Giberto, peraltro già modificata intorno al 1460-1470 con l’edificazione della cosiddetta Rocca Nuova.

Dopo il 1527, a due anni di distanza dalla battaglia di Pavia perduta da Alberto Pio insieme agli alleati francesi, gli Estensi si impossessarono di Carpi e nominarono a capo della città dei governatori. Iniziò allora per la terra dei Pio il quarto periodo storico, un periodo di degrado e di abbandono, interrotto solo da pochi e limitati interventi, ben esemplificato dalle vicende del palazzo dei Pio. Per breve tempo, dopo il trasferimento della capitale da Ferrara a Modena nel 1598, i duchi valutarono l’ipotesi di trasferire, almeno temporaneamente la corte a Carpi nel Palazzo dei Pio, che doveva essere considerato uno spazio prestigioso e adatto allo scopo, oltre che dotato di quanto poteva servire a una corte. Tuttavia ben presto gli Estensi tornarono all’idea iniziale di Modena, che aveva costituito da sempre la seconda città del ducato, oltre che essere sede vescovile. Fu allora il governatore estense a stabilirsi nell’immensa residenza abbandonata dei Pio, dove furono collocati anche gli uffici ducali e le milizie. In alcuni ambienti dell’appartamento nobile si tennero le sedute del Consiglio della Comunità, mentre spesso, anche nei secoli seguenti, le sale e altri ambienti del palazzo furono adibiti agli usi più disparati: banchetti, spettacoli, ricovero di truppe, carceri, allevamento dei bachi da seta, camerino teatrale, silos, deposito di paglia, scuderie ducali, macello pubblico. Le due trasformazioni più importanti del palazzo dopo l’epoca rinascimentale furono eseguite nel corso del primo secolo di dominio estense: l’ampliamento della facciata a nord e la costruzione della Torre dell’Orologio. Qualche anno dopo, nel 1642, fu costruito un teatro a strutture fisse, mentre nel 1779 infine, allo scopo di trovare una residenza consona al primo vescovo di Carpi, le Stanze del Vescovo, in attesa della costruzione del palazzo vescovile accanto al Duomo. L’ultimo intervento, distruttivo, al complesso palaziale dei Pio avvenne in quegli anni (1780) quando l’amministrazione ducale cedette alla famiglia Scacchetti il bastione angolare a sud del palazzo, la seconda torretta rotonda costruita intorno al 1480 da Marco II Pio. Distrutta la torretta (e l’adiacente antico macello) gli Scacchetti iniziarono la costruzione del loro palazzo, che dopo l’Unità d’Italia diventò sede - e lo è tuttora - della Municipalità. Accanto a questi interventi, i documenti registrano una serie di modifiche, distruzioni e spogliazioni di cui fu oggetto il palazzo negli oltre tre secoli di dominazione estense: dalla pala d’altare della Cappella dei Pio, che fu peraltro adibita a camerino per l’adiacente teatro, agli arredi e ornamenti, finanche alla soglie marmoree delle porte, fino a un progetto - non realizzato - di togliere il marmo delle colonne del cortile d’onore per la decorazione delle ville estensi. Tra 1822 e 1830 furono distrutte alcune volte e l’originaria merlatura ghibellina - poi rifatta - della torre del Passerino; nel 1822 furono stabilite negli ambienti a piano terra del palazzo le scuderie ducali; nel 1828 fu distrutta un’altana rinascimentale collocata sulla facciata per utilizzare gli elementi marmorei che la componevano. A tutto questo vanno aggiunti i danni che gli usi impropri del palazzo nel corso di questo lasso di tempo avevano fatto. Alla metà dell’Ottocento solo l’appartamento nobile, che era frequentato dal podestà, doveva mantenere un certo decoro pur con le modifiche e le spogliazioni intervenute nel frattempo.

Nel 1863 il Municipio di Carpi acquistò dal neonato Regno d’Italia per 33.100 lire il Palazzo dei Pio, a esclusione del Torrione degli Spagnoli sede di uffici periferici del Regno, che poi passò di proprietà del demanio dello Stato (come è tuttora). Ebbe inizio la quinta fase del Castello. In realtà per alcuni anni ancora lo stato di abbandono e di degrado dell’edificio non mutò sostanzialmente, visto che molti spazi continuarono a essere utilizzati impropriamente e nella maniera più disparata. Dai depositi alle carceri dagli uffici alla palestra nel vecchio teatro del Vigarani, fino ad arrivare all’utilizzo residenziale, l’antica residenza signorile dei signori di Carpi vedeva passare di tutto tra i propri muri. In questo clima di abbandono che la stampa e la pubblicistica locale denuncia con frequenza, comincia però a muoversi qualcosa. Nel 1870 viene costituita una Commissione Municipale di Storia Patria e Belle Arti, con lo scopo di studio, ricerca e tutela della storia locale, e in particolare ovviamente del palazzo. Nel 1882 viene pubblicata a Dresda una monografia su Carpi curata da Hans Semper, che approfondisce - seppur con taglio agiografico - le vicende della città rinascimentale e del suo signore Alberto Pio, oltre alla storia e al valore artistico e architettonico del palazzo dei Pio. Nel 1875-1876 viene eseguito il primo intervento di recupero del palazzo al cortile d’onore, eseguito da Achille Sammarini, finanziato in gran parte dalla Cassa di Risparmio che nel 1890 stabilisce la sede dei suoi uffici in alcune stanze sul lato sud del loggiato del piano nobile. L’episodio determinante che dà finalmente al palazzo una veste monumentale di patrimonio storico artistico della città è l’istituzione da parte della Commissione di Storia Patria nel 1898 del Museo di Storia e Arte, che fu inaugurato nel 1914, dopo la donazione della collezione del cavalier Pietro Foresti. A partire dal 1902 e fino alla fine degli anni Venti le sale dell’appartamento del piano nobile, dove si snodava il percorso di visita, furono interessate da numerosi interventi di restauro, spesso secondo la logica dell’integrazione in uso in quegli anni, che da quel momento ne fecero la parte di assoluto pregio e prestigio del palazzo dei Pio. Ma negli stessi anni, nello stesso palazzo, solo per citare due esempi, fu costruito lo stabilimento “Il Truciolo” nell’area dell’antico giardino di corte (1903), poi divenuto sede delle scuole medie “Ciro Menotti” e nel 1911 fu inaugurato il nuovo Ufficio postale nelle sale a piano terra a est del cortile d’onore, che qui rimase fino alla fine degli anni Sessanta. Fino a quegli anni inoltre sono rimasti nel palazzo anche le carceri, uffici esattoriali, uffici di polizia, abitazioni di sfollati, mentre un ristorante divenuto poi mensa per trent’anni (anni Cinquanta-Ottanta) aveva sede nell’area a piano terra della zona nord.

L’ultimo utilizzo improprio del monumento rinascimentale più importante della città è stato eliminato solo nel 2002, quando è terminato l’utilizzo a palestra dell’antico teatro secentesco del palazzo. Alla fine degli anni Sessanta un intervento architettonico di forte impatto sulla struttura rinascimentale ne ha cambiato in una parte rilevante i connotati e l’aspetto: la progettazione e la realizzazione del Museo Monumento al Deportato aperto nel 1973 nelle sale a piano terra nella zona sud ovest del palazzo, vicino al Torrione degli Spagnoli, con l’adiacente area cortiliva divenuta cortile delle stele. Il progetto, di rilevanza internazionale dal punto di vista architettonico e museografico, fu redatto dallo studio BBPR di Milano (Belgiojoso, Banfi, Peressutti, Rogers) in collaborazione con lo studio Steiner di Milano e con Renato Guttuso, che realizzò uno dei graffiti che connotano il percorso museale. Allo stesso Belgiojoso in quegli anni fu affidato il compito di progettare funzioni e destinazioni culturali del palazzo dei Pio. Il progetto, di assoluto valore a trent’anni di distanza, fu preso in considerazione solo per alcune parti. A partire dal 1973, quando la gestione degli istituti culturali ospitati nel palazzo - Biblioteca, Archivio Storico e Museo - passò dalla Commissione di Storia Patria al Comune di Carpi, sono stati avviati una serie di progetti e di interventi volti al recupero e alla destinazione a funzioni culturali di varie aree del palazzo, senza però compiere la scelta drastica di eliminare completamente dal monumento storico tutti gli usi impropri e investire su di esso come una delle chiavi di sviluppo sociale, culturale ed economico della città. Dal 2002 nasce la sesta e ultima fase del Castello: il Comune avvia un percorso di studio e di progettazione sul Palazzo dei Pio volto a definirne, in una prima fase, le destinazioni d’uso e le forme di gestione e valorizzazione. Questo processo di analisi, curato dal prof. Giuseppe Gherpelli, è diventato lo studio preliminare in vista della progettazione di interventi di consolidamento, restauro e allestimento museografico che sono stati coordinati dal settore Restauro e Interventi sul patrimonio del Comune in collaborazione coi Musei civici. Il progetto è stato redatto dallo Studio Natalini di Firenze e da Politecnica di Modena che, accanto a interventi più strettamente di ordine tecnico, hanno proposto nuovi percorsi museografici che renderanno finalmente visitabile la gran parte del Palazzo dei Pio, mettendo inoltre a norma gli spazi per ospitare eventi espositivi e culturali di grande valore. Aree per le esposizione permanenti, spazi per mostre temporanee, laboratori, sale di consultazione, sale conferenze, book shop, caffetteria faranno di oltre otto mila dei 14 mila metri quadrati della residenza dei Pio un’isola dedicata all’incontro, al piacere, alla fruizione artistica, alla valorizzazione del patrimonio storico dei nuovi Musei di Palazzo dei Pio, che propongono tre percorsi indipendenti ma integrati: il Museo del Palazzo, il Museo della Città e il Museo Monumento al Deportato. Accanto ai Musei e all’Archivio storico comunale, sorge inoltre una nuova struttura dedicata interamente ai bambini e alle famiglie, il Castello dei ragazzi, che costituisce un luogo di divertimento e di apprendimento per i più giovani con attività laboratoriali, di gioco, di sperimentazione tecnica e scientifica, e insieme di lettura per la presenza del Falco Magico, biblioteca per ragazzi aperta nel 2002. In questa ottica il Palazzo dei Pio diventa prima di tutto luogo di sviluppo culturale, economico e sociale della città ed elemento di grande potenzialità e attrazione turistica. Finalmente contenitore principale degli eventi della città e del territorio, il Palazzo è anche “contenuto” di per sé straordinario, monumento valorizzato e da valorizzare per le sue peculiarità storico-artistiche e architettoniche.

 

Indirizzo: Piazza Martiri

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