Castello Estense Di Ferrara

Castello Emilia Romagna, Ferrara - Ferrara

Epoca
XIII Secolo
Visitabile
Si, pagamento
Proprietà
Provincia

Verifica gli orari prima di effettuare una visita

Descrizione

L’aspetto esterno del Castello di Ferrara si presenta come uno strano miscuglio tra una fortezza medievale e un palazzo rinascimentale, infatti le molte modifiche apportate nel corso dei secoli agli ambienti interni non hanno alterato l’originario aspetto della fortezza che è rimasto sostanzialmente inalterato sebbene ingentilito dalle aggiunte rinascimentali.

Nucleo originario del castello, iniziato nel 1385, era una preesistente torre della cinta muraria trasformata in fortilizio, la Rocca dei Leoni, alla quale furono aggiunte altre tre torri di uguali dimensioni disposte a quadrilatero: la torre di Santa Caterina, di San Paolo e la Marchesana, ognuna suddivisa in tre piani. Le torri furono collegate tra loro da corpi di fabbrica di due piani in modo ad un grande cortile centrale. Gli spalti dei corpi di fabbrica e quelli delle torri erano difesi da merlature sporgenti e gli accessi erano difesi da avancorpi affiancati alle torri dai quali un primo ponte levatoio raggiungeva i rivellini, piccole torri di appoggio realizzate nel fossato, a loro volta collegati alla riva esterna del fossato da altri ponti. Tutta la fortezza venne circondata da un ampio fossato.

Divenuto nella seconda metà del ‘400 sede della corte il castello fu sede di continue trasformazioni che fino alla metà del 1500 riguardarono essenzialmente gli interni del castello. Due eventi calamitosi, un violento incendio nel 1554 e un disastroso terremoto nel 1570, danneggiarono gravemente il castello e l’architetto Girolamo da Carpi, al quale Ercole II e Alfonso II avevano affidato i lavori di ristrutturazione, ritenne di dover intervenire anche sull’aspetto esterno del castello e sostituì le merlature con eleganti balconate in pietra bianca, sopraelevando poi la costruzione di un piano, coperto da un tetto spiovente e le torri furono ingentilite e slanciate dalla costruzione delle altane, conferendo così al castello l’aspetto odierno.

E’ a partire dagli anni ’80 del secolo scorso che prende forma l’idea di trasformare il castello in un museo e dal 1999, su impulso della Provincia di Ferrara, si è dato avvio alla grande opera di restauro. Questo ha attraversato diverse fasi nel corso delle quali molta attenzione è stata data alla ricostruzione filologica degli ambienti ed è stata scandita dall’allestimento di importanti mostre dedicate al castello ed agli estensi. Ad un primo allestimento museale, inaugurato nel 1998 e comprendente gli interrati, le ali gotiche del piano terra, le ex-cucine, la torre dei Leoni, l’appartamento dello Specchio riuniti in un vasto percorso servito che verrà ampliato tra il 2001 ed il 2003 all’intero piano nobile del Castello per culminare nel 2006 con l’inaugurazione del nuovo allestimento museale predisposto dal famoso architetto Gae Aulenti.

La visita comincia dal piano terreno con una serie di sale dedicate alla storia del castello, del ducato e della famiglia che lo ha voluto.

La prima sala è dedicata alla genealogia estense con l’esposizione di varie genealogie commissionate dai duchi desiderosi di prestigio per la famiglia.

Mentre nella seconda sono illustrati le varie fasi della costruzione del castello e delle trasformazioni del castello.

La terza, la quarta e la quinta sala sono dedicate alla famiglia d’Este: nella prima si prendono in esame le origine e l’ascesa della famiglia ducale. La sala seguente è dedicata alla figura di Leonello d’Este, figura simbolo del principe umanista, mentre l’ultima è dedicata alla magnificenza del principe spesso vista come arroganza e vanagloria da parte del signore, giustificata con il bene dei suoi popoli e in realtà strumento di legittimazione dinastica.

Nella sala successiva, la sesta, sono esposte planimetrie del ducato e della città di Ferrara.
Si passa poi nelle cucine. Queste sono state ricavate durante gli ampliamento del primo ‘500 utilizzando le fondamenta della demolita porta dei Leoni. Il locale ha subito varie trasformazioni, ma a testimonianza dell’antico uso della sala sono rimaste due finestrelle quadrate che fungevano da prese d’aria par un camino a tutta parete che occupava il lato nord.

Le prigioni del Castello, poste al livello del fossato, si trovano nei sotterranei della Torre dei Leoni. Non furono mai usate per i prigionieri comuni bensì per coloro che si erano macchiati di crimini di Stato, specialmente si di alto. A ricordo di queste detenzioni è ancora possibile in alcune celle trovare i graffiti lasciati dai detenuti sui mattoni delle pareti durante la loro prigionia. Tra i prigionieri celebri vanno ricordati Ugo d’Este e Parisina Malatesta, figlio e moglie del Marchese Niccolò III, che dopo aver scoperto i giovani amanti, ordinò la loro esecuzione proprio in queste prigioni, e don Giulio e don Ferrante, fratelli di Alfonso I, che vennero rinchiusi a vita nelle prigioni dopo aver attentato alla vita del duca e del fratello cardinale Ippolito.

Il primo piano è certamente il più interessante perché vera sede della corte (mentre il secondo, molto più tardo era sempre stato adibito a sede di uffici ed amministrazione).

La visita comincia con il giardino degli aranci. Questi di fatto è un giardino pensile che assunse le forme attuali con il duca Alfonso I e ne è testimonianza l’insegna personale del Duca la “granata svampante”, scolpita sui capitelli della loggia. La costruzione del giardino risale al 1531 quando vennero costruiti il muretto perimetrale ornato da merli e la Loggia con le quattro arcate a tutto sesto. Più volte decorate e ristrutturate durante i lavori di ristrutturazione del castello negli ultimi decenni dell’epoca estense, il giardino subì diverse sistemazioni: da una prima con vialetti e aiuole di piante annuali, si arrivò agli aranci piantati in grandi mastelli di legno che nella stagione invernale venivano riparati nella loggia utilizzata come serra. Ancora oggi gli aranci vengono spostati ad ogni cambio di stagione.

La prima sala del piano nobile è il cosiddetto Camerino dei Baccanali. In origine era un piccolo studiolo dove il signore si ritirava con la sola compagnia dei libri alla ricerca dell’”otium intellettuale”, ma verso la fine del Cinquecento Alfonso II lo inglobò nel suo appartamento dello Specchio e lo stato destinò all’esposizione di oggetti di valore ed opere d’arte. Gli affreschi ad olio che decorano la sala, hanno subito, diversi interventi di recupero. La scelta del tema bacchino per gli affreschi era tipica del gusto dell’epoca per la citazione dell'antico e con riferimento alla formazione la formazione umanistica del principe. È difficile ricostruire l’esatta attribuzione delle pitture ma si può presumere dai documenti di archivio che a Leonardo da Brescia debbano soltanto le inquadrature architettoniche, mentre il Trionfo di Arianna potrebbe attribuirsi al Settevecchi e La vendemmia, insieme al Trionfo di Bacco in India, richiama la bottega dei Filippi.

Il locale seguente è Cappella ducale fu realizzata nel 1590-1591, per Alfonso II. Per molto tempo la cappella è stata conosciuta come Cappella di Renata di Francia, madre del duca e fervente calvinista, per l’assenza di immagini sacre, in quanto si riteneva che gli affreschi della volta con i quattro Evangelisti fossero opera del pittore ottocentesco Giuseppe Tamarozzi, mentre recenti restauri hanno dimostrato l’esistenza sotto le ridipinture ottocentesche degli affreschi originali che sarebbero da attribuire Giulio Marescotti, pittore della corte estense attivo a fine del Cinquecento.
La volta si presenta affrescata con raffigurazioni dei i quattro evangelisti intervallati dall’aquila bianca e circondati da angioletti; i santi sono identificabili, secondo la tradizionale iconografia, attraverso il leone (san Marco), l’aquila (san Luca), l’angelo (san Matteo), il toro (san Giovanni).

La successiva Sala dell'Aurora, conosciuta nel ‘500 come Camera dello Specchio, era già stanza privata di Ercole II e dava il nome all’appartamento di rappresentanza di Alfonso II.
Le scene proposte nella volta, ultimata nel 1574, vengono oggi generalmente interpretate come un'allegoria della vita umana, scandita dal rapido volgere dell’età. La volta è divisa in comparti inscritti in festoni di frutta e motivi geometrici dove vengono raffigurati i quattro momenti del giorno che ruotano intorno all’immagine centrale del Tempo. A Ludovico Settevecchi vanno attribuiti Il Giorno e Il Tramonto; a Bastianino Il Tempo, La Notte e L’Aurora. L’apparato decorativo dell’ambiente era completato da arazzi che rivestivano le pareti creando un insieme di grande impatto scenografico.

La Saletta dei Veleni presenta una decorazione moderna risalente al 1926 del pittore ferrarese Carlo Parmeggiani e tendente ad esaltare gli ideali patriottici del regime.

La Saletta dei Giochi, così denominata per gli affreschi della volta che riprendono i temi sviluppati nella decorazione delle sale adiacenti, è una camera di collegamento tra il Salone dei Giochi e la Sala dell’Aurora. Accanto al motivo centrale delle quattro stagioni, connesso ai quattro momenti della giornata della vicina dell’aurora, viene ripreso anche il tema degli esercizi ginnici, già trattato nel salone dei giochi. L’autore degli affreschi è Ludovico Settevecchi che si avvalse della collaborazione del Bastianino.

Il Salone dei Giochi era la sala principale dell’appartamento dello specchio e qui venivano accolti gli ospiti illustri. Le arti ginniche, all’epoca molto in voga, furono scelte come soggetto della volta. Il tema era perfettamente in linea con la personalità del committente, il duca Alfonso II, appassionato sportivo e cultore del gioco della palla. La paternità del ciclo di affreschi è da attribuire al’architetto di corte Pirro Ligorio e la realizzazione invece a Bastianino, Ludovico Settevecchi e Leonardo da Brescia. Fino alla metà dell’ottocento era visibile una decorazione parietale che simulava sfondamenti prospettici, con finte architetture, colonne e statue in nicchia.

Con la Camera della Pazienza inizia il cosiddetto Appartamento della Pazienza. Gli ambienti che circondano la torre di santa Caterina vennero destinata al nuovo appartamento del Duca Ercole II e decorato da Girolamo da Carpi secondo un preciso programma iconografico ispirato alla virtù della pazienza, “impresa” personale del committente. L’appartamento era formato da questa camera, da una camera adiacente, un camerone, un toresino, un salotto, una loggetta e, molto probabilmente, da un piccolo giardino pensile. In realtà ben poco resta oggi dell’appartamento che fu completamente trasformato dai cardinali legati che subentrarono al governo nel 1598, e l’aspetto attuale è il risultato dell’ultima opera di rifacimento, degli anni trenta del Novecento. Quanto alle tele che ne ornavano le pareti e che resero famoso l’appartamento ai suoi tempi, dopo la devoluzione del ducato furono trasferite a Modena e in seguito vendute ai principi elettori di Sassonia.

Segue l’Anticamera della Galleria, anche questa saletta faceva parte dell’“appartamento della pazienza” e dava accesso alla “galleria” creata dal duca Ercole II per contenere le proprie collezioni d’arte. Le decorazioni, risalenti ai primi decenni del ‘900 richiamano le “imprese” dei principi estensi.

Nella Sala di Ettore e Andromaca è al capo opposto dell’antico “appartamento della pazienza” di Ercole II, laddove iniziava la galleria nova, è ora visibile un soffitto decorato, databile al 1816 e creato per il cardinale legato Tommaso Benetti, recuperato nell’ultima tornata di restauri sotto una intercapedine aggiunta nei primi decenni del Novecento. Il dipinto illustra il brano dell'Iliade in cui in cui Ettore dà l’addio alla moglie e al figlio Astianatte opera dei pittori ferraresi Giovanni Bregola e Francesco Scutellari.

La Sala della Galleria è era una delle più importanti del castello. Era stata voluta da Ercole II ed era decorata con carte ad affresco delle città del ducato, su ispirazione delle gallerie delle carte geografiche dei castelli francesi. Dopo la morte del duca però la galleria fu divisa in due stanze e trasformata in archivio.

La sala seguente si trova nella Torre di san Paolo sull’angolo sud-ovest del castello. Il terremoto del 1570 danneggiò fortemente quest’ala del castello, tanto che i solai, precedentemente in muratura furono ricostruiti in legno. La sala è decorata con disegni alle pareti, colorati a tempera, dedicati all’immagine di Diana e di altre divinità, mentre sul soffitto si trovano raffigurate le quattro stagioni.

L’Anticamera del Governo è un piccolo ambiente legato alla sala del governo della quale era anticamera. La decorazione del soffitto è di elevato valore artistico e come quello della coeva sala del governo è caratterizzata da grottesche negli sguinci delle finestre e nella volta del soffitto.
Le pitture sono state eseguite nel 1556 da Girolamo Bonaccioli, e da Battista Bolognese.

La Sala del Governo è la stanza più importante degli appartamenti del duca Ercole II è qui infatti che venivano esercitate le funzioni di governo e della giustizia. L’ambiente è caratterizzato da un ricco soffitto ligneo a lacunari di diverse forme è arricchito da una decorazione pittorica policroma e luminosa eseguito tra il 1554 e il 1570.

La successiva Sala della Devoluzione è detta anche “Sala Rossa” da un fregio che ne scandisce la decorazione, è caratterizzata da un soffitto dipinto a grottesche che ingloba quattro scene a soggetto storico. Nel 1830 in piena restaurazione i Cardinali Legati ordinarono una nuova decorazione di carattere antiestense scegliendo di far rappresentare quattro episodi che si riferiscono al tema della devoluzione del ducato nel 1598. Autori ne furono i pittori Francesco Saraceni e Francesco Migliari

La Sala dei Paesaggi è caratterizzata da un soffitto a padiglione e da una singolare stratificazione pittorica in cui si possono distinguere tre fasi collocate tra la prima metà del Settecento all'Ottocento. La lettura complessiva di questo apparato decorativo sembra voler giocare sul contrasto tra la tranquillità della terraferma e la pericolosità del mare, agitato da tempeste che provocano naufragi.

L’odierna Sala degli Stemmi presenta fra la volta di copertura e l'attacco alle pareti una fascia dipinta che reca in alto gli stemmi dei pontefici sotto i quali sono gli stemmi dei cardinali legati. La fascia fu realizzata nei primi anni del 1600 e man mano che un cardinale succedeva all'altro il suo stemma vi veniva apposto. Nel 1857, in occasione della visita a Ferrara di papa Pio IX vennero realizzate sei vedute dei principali centri della Legazione: Comacchio, Ferrara, Lugo, Bagnacavallo, Pomposa e Cento. Dal 1860, agli emblemi dei cardinali vennero aggiunti quelli delle famiglie dei prefetti del Regno d'Italia.

La Sala delle Geografie, detta anche Marchesana perché situata nell’omonima torre, presenta un soffitto a padiglione con lunette laterali decorato nei primi decenni dell’800 nell’ambito dei lavori commissionati dal cardinale Tommaso Arezzo, legato pontificio dal 1816 al 1830. La decorazione, eseguita da un artista locale sconosciuto, vuole celebrare i poeti e letterati ferraresi. Nell’ambito del risistemazione sala furono invece coperti gli affreschi alle pareti, riportati alla luce dai recenti restauri, eseguiti tra il 1709 e il 1710 da Anton Felice Ferrari con casrte topografiche del territorio ferrarese.

La Sala dei Comuni fu per circa ottant’anni in questa sala si sono tenute le riunioni del Consiglio della Provincia di Ferrara. La decorazione è del primo dopoguerra quando si decise di sostituire la decorazioni di stile neo barocco ottocentesche e si svelse uno stile moderno e la sala si presenta come un eccellente saggio degli sviluppi del liberty in art déco.
 

Condividi


Prezzi ed orari

Come raggiungere

Il castello si trova in pieno centro storico.

Per chi arriva in treno è facilmente raggiungibile in autobus dalla stazione in pochi minuti con la linea 1.

Per chi arriva invece in macchina basterà uscire a uno dei caselli Ferrara Nord e Ferrara Sud dell'A13 e raggiungere uno dei diversi parcheggi del centro cittadino e da li raggiungere in pochi minuti a piedi il castello.

 

La tua esperienza personale può essere di grande aiuto agli altri viaggiatori. Grazie!




Storia

L’origine del castello è da rintracciarsi in una torre di avvistamento adiacente alla porta dei Leoni e facente parte della cinta muraria cittadine che gli Este, divenuti signori della città ed edificate le loro case nella zona antistante il Duomo, nella metà del ‘300 trasformarono in una Rocca vera e propria a difesa sia del loro palazzo che della Signoria.

Costruito per motivi difensivi la Rocca dei Leoni ebbe lo strano destino di difendere la famiglia sovrana non da tanto da attacchi esterni quanto da rivolte interne. E proprio due di questi avvenimenti, di particolare gravità, e miranti ad abbattere la signoria sono alla base della trasformazione della rocca nella magnifica residenza ducale che ancora oggi ci appare.

Il primo di questi avvenimenti risale al 1385: una violenta rivolta popolare dovuta all’eccessivo peso fiscale convinse il Marchese Nicolò d’Este, che era dovuto scendere a patti con i rivoltosi, della necessità di costruire una fortezza a difesa del suo traballante potere e della sua stessa famiglia. Quindi nel settembre dello stesso anno il marchese diede incarico a Bartolino da Novara di trasformare la Rocca dei Leoni in fortezza. L'architetto unì la Rocca a tre nuove torri disposte a quadrilatero e unite tra di loro da corpi di fabbrica più bassi intorno ad un cortile interno. Vennero realizzati quattro accessi al Castello, uno per ogni lato, racchiusi in avancorpi accostati alle torri e collegati all’esterno ed alla cinta muraria con ponti levatoi e rivellini. La prima pietra venne posta il 29 settembre 1385 e il castello prese quindi il nome del Santo del giorno, San Michele, l’arcangelo che cacciò i ribelli dal paradiso.

Il castello di San Michele era adibito essenzialmente a fortezza e a servizi del vicino palazzo ducale. Al piano terreno erano ospitati, oltre vari laboratori e officine, le prigioni, mentre il primo piano ospitava la guarnigione ducale.

Le prigioni del castello durante il ducato estense vennero usate principalmente per ospitare personaggi di spicco che si erano macchiati di colpe contro l’autorità. Diversi esponenti minori della casata subirono questo destino. Le celle del castello continuarono ad essere usate anche durante le successive dominazioni fino all’unità d’Italia. A testimonianza ne sono rimasti graffiti sui muri tracciati dai vari prigionieri durante la loro detenzione.

Già alla metà del ‘400 le mutate esigenze politiche e residenziali portarono ad alcune modifiche del maniero. Nonostante il suo uso fosse ancora prettamente militare, sotto il marchese Borso d'Este, alcune sale erano state utilizzate a scopo abitativo e d'ufficio.

In questo periodo fu anche costruito un ponte in legno che univa il primo piano del palazzo degli Este al Castello, aprendo una comoda e veloce via di fuga in caso di pericolo verso un luogo sicuro. E appunto attraverso questo corridoio, ormai edificato in muratura e chiamato ora la via Coperta che la duchessa Eleonora d’Aragona abbandonò il palazzo per cercare rifugio nel castello durante la rivolta scoppiata nel 1476 durante l’assenza del duca Ercole I un suo nipote, Nicolò d’Este, che cercò di impadronirsi del ducato. La rivolta venne presto sedata, ma l’avvenimento fu decisivo per la trasformazione in residenza della fortezza che venne progressivamente unita al vecchio palazzo attraverso nuovi corpi di fabbrica e continuamente abbellita fino a diventare uno dei simboli di una corte di secondo libello ma di prestigio europeo com’era quella di ferrarese in epoca rinascimentale.

Da notare che mentre il primo piano del castello fu ridecorato e trasformato per accogliere i nuovi appartamenti di rappresentanza, il piano terreno e il cortile continuarono a mantenere le loro funzioni prevalentemente difensive. I lavori di ampliamento furono comunque notevoli, intere ali furono ingrandite e venne realizzato il loggiato nel cortile interno.

Un altro avvenimento significativo per il castello si ebbe nel 1483, quando il duca Ercole I e il suo architetto di corte Biagio Rossetti diedero vita al nuovo impianto urbanistico della città, la cosiddetta addizione Erculea, raddoppiando l’estensione della città e facendo si che il castello venisse a trovarsi al centro del tessuto urbano e non più ai margini come quasi sempre accade alle fortezze di origine medioevale. L’importanza del castello come sede ducale e non più come fortezza ne risultò aumentata e i suoi lavori di ristrutturazione e decorazione furono continui per tutto il periodo della signoria estense.

Durante il regno del figlio di Ercole I, Alfonso I, marito della famigerata Lucrezia Borgia, furono realizzati tra le altre cose, i preziosissimi camerini dorati o di alabastro, l’appartamento-studio del duca costruito sulla via coperta, al cui ciclo decorativo contribuirono artisti del calibro di Tiziano, Raffaello e i fratelli Dossi.

Ercole II, figlio del precedente proseguì con gusto certo e sensibilità l’opera di abbellimento del Castello secondo l’impostazione decisa dal padre: vennero decorate con dipinti ed affreschi diverse sale, e furono completati i cicli decorativi già impostati da Alfonso.
L’attenzione del nuovo duca si concentrò in particolare alle nuove sale di rappresentanza, in particolare quelle dell’ala sud, il salone del Governo e l’appartamento della torre di Santa Caterina, oggetto di un ciclo decorativo imperniato sulla così detta Camera della Pazienza.

Un grave incendio nel 1554 e poi un disastroso terremoto nel 1570 danneggiarono gravemente buona parte del castello. I lavori di ristrutturazione che ne seguirono non si limitarono ad una semplice ricostruzione e decorazione degli interni, specialmente degli appartamenti del primo piano e dei locali amministrativi al secondo, ma furono coinvolti anche gli esterni del castello che aveva mantenendo fino al momento un aspetto fondamentalmente militare nonostante l’uso residenziale. Furono realizzate in questo periodo le altane sulle torri e le merlature furono sostituite da più eleganti balaustre. In sostanza, durante l’ultimo scorcio del ducato l’opera di arricchimento artistico si fece sistematica e qualificata secondo un preciso programma decorativo e contenutistico di alto livello.

Alla morte di Alfonso II il ducato di Ferrara venne devoluto alla Santa Sede. L’avvenimento segnò la decadenza economica e politica della città e anche quella della casata che vide ridurre i suoi domini a Modena e Reggio, e per il castello la perdita delle preziose collezioni che lo avevano arricchito. Questo divenne, per quasi due secoli e mezzo, se si esclude il periodo della dominazione francese, fino al 1859 la sede dei Cardinali Legati che governavano La città e il suo territorio in nome del Papa. Se questa nuova destinazione amministrativa non diede luogo a nuovi lavori di trasformazione del castello o decorazioni in grande stile, ne garanti comunque una accurata conservazione. Infatti, se si escludono interventi negli appartamenti privati dei Cardinali, che furono oggetto di interventi di adeguamento secondo il gusto dei tempi fino alla prima metà dell’800, i soli lavori degni di nota durante il dominio pontificio si limitarono a semplici riparazioni o ricostruzioni di parti danneggiate, come i restauri seguiti agli incendi del 1634 e del 1718.

Dopo l’unificazione italiana e il passaggio al demanio del nuovo regno il castello fu venduto nel 1874 alla Deputazione Provinciale che ancora oggi lo possiede. Il che garanti al monumento anche dopo l’Unità un utilizzo ancora amministrativo e di rappresentanza di istituzioni ed Enti Locali. L’amministrazione provinciale si farà carico a partire dagli anni ’80 del secolo scorso si farà carico di un’importante campagna di restauri ed adeguamento delle sue strutture museali secondo criteri moderni e che lo rendono oggi il monumento simbolo e più visitato della città.
 

Araldica

Sugli Este, che dominarono Ferrara dal 1240 al 1598, sono state scritte moltissime opere in ogni caso è forse necessario fare qualche accenno alla loro storia.

La famiglia di origine feudale era certamente molto antica e derivava quasi certamente dal casato longobardo degli Obertenghi e trae il suo nome dal castello di Este nel padovano di cui era in possesso già dal tardo X secolo.

Nel XI secolo un esponente della casata diede origine ad un ramo tedesco ereditando i beni dello zio materno e diede origine alla casata dei Welf da cui derivano le attuali case di Hannover e di Gran Bretagna.
Per quel che riguarda il ramo italiano, Azzo VII d’Este nel 1240 divenne podestà di Ferrara dando inizio alla signoria e legando indissolubilmente il nome della famiglia alla città, dominio confermato dal riconoscimento del titolo di vicari papali, ed esteso successivamente sui feudi imperiali di Modena, nel 1288, e Reggio, nel 1289.

Personaggio di grande rilievo fu Niccolò III spregiudicato e crudele iniziò quella politica altalenante con i due maggiori stati vicini, il ducato di Milano e la Repubblica di Venezia che sarà poi tipica della dinastia.

Con i figli di Niccolò, Lionello e Borso, primo ad ottenere il titolo di Duca, Ferrara iniziò a trasformarsi in uno dei maggiori e più splendidi centri del Rinascimento, e tale resterà fino alla fine del dominio estense. Venuto a mancare anche Borso, gli subentrò nel governo il fratello Ercole I che si dimostrò un abile politico anche in tempi difficili come quelli della discesa di Carlo VIII in Italia.

Il figlio Alfonso I, marito di Lucrezia Borgia, si trovò invece a governare in anni difficilissimi lo stato e fu più volte in pericolo di perdere tutti i suoi domini, durante la guerra di Cambrai e poi al tempo dello scontro tra Francesco I e Carlo V per la successione imperiale.

Il suo successore Ercole II, duca dal 1534 al 1559, e riuscì invece a mantenersi neutrale nelle lotte tra la Francia e l’impero garantendo un lungo periodo di pace ai suoi sudditi. La moglie Renata di Francia contribuì a sprovincializzare la corte e il ducato con la sua vasta cultura e attirando molti intellettuali calvinisti in città.

L’ultimo duca Alfonso II è ricordato come uno degli più fastosi principi del rinascimento. Fu educato alla corte francese del cugino Enrico II e forse qui acquisì il gusto per lo sfarzo, infatti si circondò per tutta la vita di una corte degna di un grande sovrano europeo più che di un signore italiano di secondo piano. Eppure con lui Ferrara visse un periodo di grande splendore artistico e culturale, non va dimenticato che il duca fu uno dei protettori di Torquato Tasso. Nonostante i suoi tre matrimoni, con Lucrezia de\' Medici, Barbara d\'Austria, figlia dell\'imperatore Ferdinando I, e Margherita Gonzaga, figlia del Duca di Mantova non ebbe figli e la mancanza di eredi legittimi permetterà al papato di rivendicare il possesso di Ferrara, irremovibile nel non riconoscere come erede del ducato Cesare d\'Este, figlio di un bastardo di Alfonso I, nonostante questi fosse stato riconosciuto erede di Modena e Reggio dall’Imperatore. Alla morte di Alfonso II inutili furono i tentativo di Cesare di farsi riconoscere duca di Ferrara e la mediazione di Lucrezia d’Este, sorella del defunto duca non portò che alla devoluzione del ducato.

La famiglia si ritirò a Modena, con inevitabile perdita di prestigio e potere, che però mantenne come stato autonomo fino alla rivoluzione francese e ancora dopo la restaurazione con la linea femminile degli Absburgo-Este fino al 1859.
 

 

Indirizzo: Largo Castello

Facilities

  • Meeting
  • Museo
  • Acesso disabili
  • Informazioni
  • Bar
  • Toilets
  • Bar

Se sei interessato a questo spazio per il tuo ristorante/locanda/osteria inviaci una mail a info@icastelli.it